Pescara, 26 luglio 2013 – Una prima esplosione, poi un quarto d’ora dopo circa, la seconda. L’ultimo a vedere vivo Alessio Di Giacomo, 20 anni, figlio di uno dei titolari dell’impresa «Fratelli Di Giacomo» polverizzata nella mattinata di giovedì 25, è stato Emanuele Cherubini, responsabile dei soccorritori del 118 di Pescara. Uno che la morte in faccia già l’aveva vista nel 2001, a Nassirya.
Dopo il primo boato «ho visto quel ragazzo che mi ha superato, correva. Gli ho detto di allontanarsi. Dopo non l’ho visto più». Ecco, quello stesso avvertimento che qualche istante prima proprio Alessio aveva gridato a dei carabinieri che stavano arrivando di corsa. E che probabilmente, con quell’urlo, ha salvato.
«Non avvicinatevi, c’è il rischio di altre esplosioni». Parole che lui stesso non ha seguito. Decidendo di dare ascolto a istinto e cuore. Che gli hanno detto di andare a cercare il padre e soccorrerlo: Mauro Di Giacomo, 45 anni, titolare della fabbrica assieme al fratello Federico e a Roberto Di Giacomo, di cui al momento non si conosce il grado di parentela con con gli altri. Tutti dispersi. Senza possibilità di essere ritrovati.