Criminalita’: Procuratore Gratteri, abolire la Dia e far lavorare detenuti

SOS1307630Reggio Calabria, 24 settembre 2013  – ”Gli ultimi tre ministri della Giustizia, Alfano, Nitto Palma e Severino, cos’hanno fatto? Per cambiare le cose, per dare un senso alla lotta alle mafie bisogna avere il coraggio di sporcarsi le mani. E anche quello di smantellare la Dia, che io abolirei subito, perche’ le stesse indagini le fa la polizia. Dobbiamo semplificare, non creare e mantenere nuovi uffici e servizi”.

A dirlo, e’ scritto in un comunicato di Giornalisti Calabria, e’ stato il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri, dal 18 giugno 2013 nella task force incaricata dal premier Enrico Letta di elaborare strategie per contrastare le mafie.

Gratteri ha partecipato a Taormina al Festival internazionale del libro, per presentare il suo ultimo libro ”Dire e non dire – I dieci comandamenti della ‘ndrangheta nelle parole degli affiliati”, scritto con Antonio Nicaso ed e’ stato intervistato da Carlo Parisi, vicesegretario della Federazione nazionale della stampa e segretario del Sindacato giornalisti Calabria. Parlando dei possibili interventi per migliorare la lotta alle mafie, Gratteri ha sostenuto che ”se i tribunali fossero delle imprese private fallirebbero subito. Il codice di procedura penale va modificato, informatizzato. Si risparmierebbero tempo, denaro ed energie. Vanno inasprite le pene. Non si puo’ accettare che un mafioso resti in carcere solo 5 anni. Le carceri: non ne vanno costruite di nuove, ma ampliate quelle che gia’ esistenti. E, fattore fondamentale, dovrebbe essere introdotto il lavoro come terapia riabilitativa”.

Il magistrato ha poi annunciato che ”a novembre dovrebbe uscire un nuovo libro, questa volta incentrato sul rapporto tra ‘ndrangheta e Chiesa. Preti e vescovi ci hanno detto piu’ volte che le nostre sono invenzioni. Che non esiste alcun legame tra il Santuario di Polsi e gli ‘ndranghetisti. Ma purtroppo non e’ cosi’: i capimafia hanno un rapporto strettissimo con la Madonna di Polsi. Un legame reale e documentato attraverso video e intercettazioni. Cosi’ come e’ realta’ che lo ‘ndranghetista preghi prima di compiere un omicidio o qualsiasi altra barbarie. Il rapporto del mafioso con la Chiesa e’ molto stretto. Il mafioso vuole farsi vedere vicino agli uomini di Chiesa. E vuole che lo veda la gente, perche’ le mafie vivono all’interno della societa’. Hanno bisogno, per vivere, del consenso popolare”.