Roma, 9 novembre 2013 – Aveva 42 anni Domenico Intravaia, vicebrigadiere dei Carabinieri, quando perse la vita nell’attentato di Nassirya il 12 novembre 2003, esattamente alle 10.40 ora locale. In quel momento in Italia erano le 8.40 e suo figlio Marco, allora sedicenne, era a scuola, in classe, e apprese la tragedia che travolse per sempre la sua vita e quella della sua famiglia da un sms arrivato alla sua compagna di banco. “Da quel momento la nostra esistenza e’ cambiata – racconta oggi all’ANSA, a distanza di 10 anni da quella tragedia – lo Stato ci e’ ancora vicino pero’ francamente non ho ancora capito perche’ quei morti italiani, 19 in tutto, non siano ancora stati insigniti di una medaglia d’oro al valore militare”. “Io e la mia famiglia, ma anche gli altri familiari dei caduti a Nassirya – con in quali abbiamo ormai da tempo un rapporto di amicizia fraterna – ci siamo chiesti il perche’ di questo mancato riconoscimento. Abbiamo scritto tante lettere in questi anni ai vertici dello Stato ma non abbiamo mai avuto risposta; l’ultima l’ha inviata 20 giorni fa il nostro avvocato”. Martedi’ Marco Intravaia sara’ a Roma per commemorare le vittime a 10 anni dall’attentato e, annuncia, “so che avro’ modo di incontrare il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e in quell’occasione ribadiro’ a lui, che rappresenta il nostro Paese, le ragioni del mancato riconoscimento”. Comunque, aggiunge, “al di la’ dei passi ufficiali dello Stato, so con la massima certezza che la medaglia d’oro al valor militare il popolo italiano l’ha gia’ conferita da tempo ai caduti di quel disgraziato 12 novembre 2003; quelle stesse persone – aggiunge Marco – che in questi anni non ci hanno mai fatto mancare il loro affetto e il loro sostegno per la morte di quei servitori dello Stato”. Del resto, spiega, “quei morti sono sempre stati ricordati, non a caso partecipo spesso all’inaugurazione di scuole, strade e piazze intitolate proprio a quegli eroi, tra cui c’era anche mio padre. No, non c’e’ stato nessun oblio – afferma Intravaia – e questo ha aiutato tutti noi ad andare avanti”. La fiducia nello Stato di Marco Intravaia – che oggi fa il funzionario nella Commissione Antimafia nella Regione Siciliana e l’assessore antiusura e antiracket al comune di Monreale (Palermo), impegno civile che due anni fa gli e’ stato riconosciuto con la nomina a Cavaliere della Repubblica, il piu’ giovane nel nostro Paese – “non e’ stata intaccata – aggiunge – dalla condanna di un generale dell’esercito italiano e di un colonnello dei carabinieri per non aver garantito la sicurezza del campo militare, nonostante i warning dei servizi segreti italiani e americani”. Martedi’ prossimo, 12 novembre, Marco sara’ a Roma con la sua famiglia e, con i familiari degli altri caduti, partecipera’ a una manifestazione ufficiale organizzata dal Ministero della Difesa all’Altare della Patria, poi presenziera’ a una messa in suffragio a S.Maria in Aracoeli e nel pomeriggio, da Palazzo Barberini, seguira’, insieme ai vertici militari e dello stato, la scopertura di una lapide in ricordo presso l’ambasciata italiana in Iraq. L’ultima domanda e’ sul caso dei due maro’ ancora bloccati in India. “E’ vergognoso – risponde – che l’Italia consenta che due nostri militari possano essere ancora sequestrati in quel Paese. A suo tempo – ricorda Marco Intravaia – fui d’accordo con la decisione presa dall’ex ministro degli Esteri Giulio Terzi di farli rimanere in Italia dopo una loro breve permanenza in Italia concordata con le autorita’ indiane. Auspico un loro ritorno in tempi brevissimi – afferma – e spero che quanto prima possano riabbracciare le loro famiglie, ma dubito che si possa fare un accordo con l’India in questo senso”. (ANSA).