Italia sconnessa: in 4mila comuni copertura web come 15 anni fa

italia sconnessaRoma, 18 novembre 2013 – C’e’ un posto, nella piazzetta vicino alla farmacia, dove i cittadini di Nughedu Santa Vittoria, in provincia di Oristano, si concentrano per telefonare. E non e’ un caso, perche’ quello e’ l’unico punto del paese dove c’e’ copertura di rete mobile. Questa e’ la fotografia dell’Italia ‘oscurata’ cioe’ quella parte di Paese, composta da circa 4mila piccoli comuni con i loro 2,3 milioni di cittadini (fonte Assotelecomunicazioni e Mise), senza connessione internet e con una copertura di rete mobile insufficiente.

Catricala’: “Pmi investano su piccoli comuni”
Centonove comuni, poi, sono completamente esclusi dal mondo digitale: senza copertura di rete fissa e mobile. Per denunciare situazioni come questa, c’e’ chi ha scelto azioni pittoresche, come il sindaco di Nughedu Santa Vittoria, Francesco Mura, che nella piazza del paese ha acceso un bel falo’ e si e’ messo a fare segnali di fumo. “E’ una protesta che viene da una condizione di svantaggio fortissima, abbiamo avuto dialoghi con diverse compagnie telefoniche, ma si rinvia sempre e noi rimaniamo tagliati fuori dal mondo”.

Avenia (Asstel): “entro il 2020 saremo al passo con l’Europa
Sono le parole amare del primo cittadino. Questa piccola fetta di Italia era pari a 6400 comuni nel 2011, anno in cui lo Stato, attraverso un bando di gara, si impegno’ con l’asta ad assegnare le frequenze Lte agli operatori telefonici per rete 4G. Gli operatori telefonici, spiega il presidente di Assotelecomunicazioni Cesare Avenia, “si sono presi l’impegno di coprire, entro il 2017, l’intera rete della cosiddetta ‘area bianca’ ovvero zona ‘a fallimento di mercato’, dove gli operatori non traggono ricavi. E tra questi c’e’ anche Nughedu Santa Vittoria”. Per quanto riguarda l’asta fatta da parte dello Stato, Telecom ci tiene a precisare che ha speso 1,3 mld di euro per l’acquisto delle frequenze e al momento hanno coperto il 41% della popolazione. E’ fondamentale per Telecom, “il sostegno e l’azione degli enti pubblici volta a favorire lo sviluppo della domanda potenziale e agevolare la sostenibilita’ economica degli investimenti”.

Il mercato condanna le aree ‘non redditizie’
Per favorire la completa digitalizzazione del Paese, spiega il vice ministro dello Sviluppo economico, Antonio Catricala’, “siamo partiti dalle infrastrutture abilitanti e stiamo completando il piano nazionale banda larga: una best practice europea. Il Piano ammonta a circa 1 miliardi di euro, finanziato con risorse nazionali, regionali e comunitarie, per portare la connettivita’ a 8,5 milioni di cittadini che, a inizio piano, risiedevano in aree a fallimento di mercato”.
Per garantire la trasparenza e’ stato allestito un sito – di Infratel Italia, societa’ in-house – per verificare le opere realizzate e i cantieri attualmente aperti. Catricala’ fa notare che “il digital divide italiano, al 30 giugno 2013, e’ stimato essere pari al 4%, circa 2,3 milioni di cittadini. Un valore ancora alto che sara’ azzerato nel prossimo anno”. Da come si legge nel documento rilasciato dal Mise, “l’8,8% e’ la percentuale relativa al digitale divide di cui il 3,8% per mancanza assoluta di Adsl, il 3,2% con accesso a velocita’ inferiore a 2 Mbps (Adsl ‘lite’) e il restante 1,8% coperta solo nominalmente dalla banda larga ma in realta’ impossibilitata a raggiungere velocita’ superiori di 2 Mbps per problemi di linea lunga”. A questa cifra, inoltre, va sottratto il 4,8% relativo a chi accede alla banda larga solo grazie alla wireless. Inoltre, “a fine 2010, erano 4,7 milioni i cittadini esclusi dalla banda larga, pari al 7,8% della popolazione e che all’avvio del piano nazionale, a fine 2008, erano ben 8,5 milioni gli italiani che non potevano usufruire di internet ad almeno 2 mbps”.
Il presidente Avenia spiega che “ci sono due motivi per i quali quei comuni non sono ancora coperti: primo perche’ sono paesi in cui non arriva neanche la rete fissa e secondo perche’ non c’e’ copertura mobile per mancanza di antenne”. Precisa il presidente dell’Asstel che “gli operatori devono istallare nuove stazioni radio base ma devono aspettare molte autorizzazioni, ad esempio dalle Arpa regionali che misurano il segnale di radiofrequenza e quindi l’elettrosmog ma ciascuna in modo diverso”. Si sta pero’ cercando di “creare delle linee guida – continua – che siano con parametri uguali per tutti”.
Quindi il nodo da sciogliere, come accade spesso in Italia, e’ burocratico. Gli operatori non hanno interesse, ma sono costretti dallo Stato a coprire le aree suddette, le Arpa devono fare misurazioni per dare i permessi, ma i limiti di misurazione elettromagnetica sono molto inferiori a quelli europei.
Cesare Avenia, presidente di Assotelecomunicazioni, spiega che “il limite italiano di emissione elettromagnetica e’ di 6 volt per metro di elettrosmog contro il range dei limiti che troviamo nel resto d’Europa che va da 20 a 42 volt per metro”. Quindi, lo Stato “sta agendo – continua Catricala’ – in modo sussidiario al mercato. Le ragioni per cui in Italia, lo sforzo della parte pubblica e’ stato oneroso sono molte e non si puo’ trovare un unico colpevole, ma bisogna approcciare scenari di interventi risolutivi in maniera seria, efficiente e fuori da logiche mediatiche di capitalizzazione nel breve termine di facile consenso. Tutti devono fare la loro parte.
Nessuno, e’ il caso di dirlo, escluso”. (AGI) .