Ciancimino condannato a 3 anni per detenzione esplosivo

massimo_ciancimino2Palermo, 19 novembre 2013 – L’ultima tegola giudiziaria e’ piombata su Massimo Ciancimino dopo una breve camera di consiglio in cui il gup di Palermo Daniela Cardamona lo ha condannato a 3 anni di carcere per detenzione e cessione di esplosivo. Una pena pesante quella decisa dal magistrato che non ha concesso al figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo le attenuanti generiche nonostante uno dei magistrati che ha sostenuto l’accusa in giudizio, Nino Di Matteo, avesse nel corso della requisitoria sottolineato il contributo investigativo dato nel tempo dall’imputato. Tre anni, dunque, 20 mila euro di multa e l’interdizione per 5 anni dai pubblici uffici per un personaggio dalle mille sfaccettature: condannato a due anni e 8 mesi per avere riciclato i soldi sporchi del padre – parte della pena venne coperta dall’indulto che, dopo la condanna di oggi potrebbe venire meno -, inquisito dalle Procure di mezza Italia, veste, nel processo sulla trattativa Stato-mafia, i singolari panni di superteste e imputato. Reo confesso di avere fatto da postino tra il padre e il capomafia Bernardo Provenzano, si e’ ritrovato un’imputazione per concorso esterno in associazione mafiosa. Ma non solo. Per avere manipolato dei documenti attribuiti all’ex sindaco deve rispondere anche di calunnia nei confronti dell’ex capo della polizia Gianni De Gennaro. Oggi l’ennesimo colpo giudiziario che certo non favorira’ il lavoro dei pm del processo sulla trattativa che sul banco dei testi porteranno un pluripregiudicato, accusato peraltro di avere creato ad arte prove contro un funzionario dello Stato. La vicenda dell’esplosivo nasce dal ritrovamento, il 22 aprile del 2011, sepolto nel giardino di casa di Ciancimino, di un grosso quantitativo di esplosivo. Fu lo stesso imputato a segnalarne la presenza agli investigatori che erano andati ad arrestarlo proprio per la calunnia di De Gennaro. Alla Procura il superteste racconto’ di averlo ricevuto da un fantomatico personaggio che voleva minacciarlo e impedirgli di continuare la collaborazione con i pm nell’inchiesta sul patto tra pezzi delle istituzioni e boss. Le videocamere piazzate davanti alla abitazione, nel centro di Palermo, lo smentirono. E Ciancimino fu costretto a rettificare: sostenne allora che mister x gli aveva dato la dinamite a Bologna, dove l’imputato risiedeva temporaneamente e di essersela portata a Palermo in auto. Ciancimino all’epoca era scortato – aveva denunciato altre minacce – quindi avrebbe viaggiato per mezza Italia sulla sua auto privata carica di dinamite, seguito da ignari agenti sulla macchina di servizio. Giunto in citta’ avrebbe bagnato i candelotti per disinnescarli e li avrebbe sotterrati senza dir nulla a nessuno. Tranne a un amico, Giuseppe Avara, oggi condannato a 2 anni, che ricevette parte dell’esplosivo e se ne disfece buttandolo in un cassonetto. Un racconto pieno di contraddizioni, quello del teste, che non ha mai fatto veramente chiarezza sulla provenienza della dinamite. (ANSA).