Una rete di 50 cittadini segnala i volti sospetti
Bergamo, 12 dicembre 2013 – Appena comincia la salita scattano le serrature, si chiudono le griglie d’acciaio, si accendono le telecamere, e occhi sospettosi controllano tutti gli estranei. Via Quintino Alta, Maresana, è un quartiere blindato. Da un punto qualunque, tra le colline e le grandi ville, si possono vedere almeno 3 o 4 abitazioni svaligiate in pochi mesi. Per questo gli abitanti si blindano, si armano, non lasciano mai la casa vuota. Centocinquanta famiglie hanno firmato un esposto presentato in questura, e mercoledì un loro rappresentante sarà ricevuto dal questore. E dove non arrivano gli strumenti tradizionali, ci pensano i social network. In cinquanta hanno messo i propri numeri di cellulare nel gruppo WhatsApp «Sicurezza Maresana». Appena uno di loro vede una faccia sospetta o viene a sapere di un furto avvisa tutti gli altri, e ogni tanto qualcuno si lancia alla caccia.
E sì che fino a poco tempo fa di ladri qui non se n’erano mai visti. «Siamo lontani dalla città e circondati dai boschi, io non chiudevo nemmeno la porta a chiave», racconta Giovanni Parimbelli. «Al massimo avevano preso le offerte della chiesina qui vicino», aggiunge Federico della Volta. In aprile ci sono due furti. È solo l’inizio. Ai primi di novembre i ragazzi sul campo di calcetto della Colombera notano gente che nel buio del tardo pomeriggio si aggira nei boschi con le torce, segnalano al curato quegli strani escursionisti ma nessuno pensa ai ladri. Il primo colpo va in scena il 7 novembre nella villa di Massimiliano Colombo. Tre persone in otto minuti fanno passare quattro piani, e se ne vanno con oggetti tecnologici, vestiti e gioielli. Qualche giorno dopo fanno il bis nella vicina casa di Omar Hegazi, sfondando una finestra. Con criteri scientifici i malviventi passano in rassegna tutta la via, villa dopo villa, in alcune tornano più volte.
Prima studiano le abitudini degli abitanti e controllano le vie di fuga, e quando nel tardo pomeriggio calano le tenebre agiscono. Un complice da fuori controlla la situazione, gli altri frugano, prendono, se non trovano niente di prezioso riempiono borsoni di vestiti e pochi minuti dopo sono fuori, e si fanno inghiottire dal buio e dal bosco. In pochi giorni cresce la paura e la voglia di fare qualcosa. «Abbiamo presentato l’esposto e poi abbiamo creato il network – spiega Hegazi, 38 anni, avvocato, che esce in giardino a parlarne perché il figlioletto è ancora terrorizzato -. Appena qualcuno di noi sa qualcosa lo segnala a tutti gli altri. Dieci giorni fa c’è stato un colpo qui vicino. Con mio cognato siamo usciti e li abbiamo visti scappare nel buio nel Filone della Maresana, un sentiero qui sopra, ma ci sono sfuggiti. Paura? No, avevamo i cani e le torce d’acciaio pesano 20 chili».
«Quando mi è arrivato l’avviso sul cellulare sono uscito anche io – aggiunge della Volta -. Ho notato dei movimenti tra i cespugli ma non ho potuto fare altro. Il giorno dopo ho scoperto che avevano svaligiato due ville in quel punto». I messaggi corrono, aumenta la paranoia. Qualcuno segnala al gruppo un tipo strano in giro per la via, i carabinieri scoprono che in realtà è un residente di una strada vicina. «Ma un mio vicino le cercava per mettergli le mani addosso», dice un residente. La paura dilaga, c’è chi si rivolge alle agenzie di vigilanza, chi mette porte blindate anche fra i piani interni alle case, chi acquista spray al peperoncino, chi storditori elettronici, chi chiede il porto d’armi. «L’ho fatto anche io, rinunciando al mio status di obiettore di coscienza – dice ancora Hegazi -. Poi ho messo griglie d’acciaio, telecamere e punti luce». «Abbiamo speso un sacco di soldi per i sistemi di sicurezza e in casa non si tiene più niente, nemmeno l’iPad – aggiunge Massimiliano Colombo, svaligiato due volte -. Ma non si vive tranquilli». «Abbiamo sbarre e telecamere dappertutto, e teniamo sempre tutto chiuso – conferma Grazia Forcella -. Abbiamo paura di ogni faccia non conosciuta. Stiamo pensando come quartiere di assumere una guardia giurata». «Non è vita – aggiunge della Volta -. Non usciamo più, rifiutiamo gli inviti degli amici per non lasciare la casa incustodita. Ma non so per quanto tempo si possa andare avanti». Al padre di Giovanni Parimbelli hanno rubato una cinquecentesca Madonna di Paolo Farinati: «Il bosco una volta ci proteggeva, adesso da lì viene la minaccia. Si vive in perenne insicurezza». Anche Giacomo Agostini ha il suo numero nel gruppo di WhatsApp: «Ogni volta che sento il segnale del cellulare penso che abbiano derubato un altro vicino, e quando torno a casa ho paura di trovarla sottosopra – confida Maria Ayuso, moglie del campione di motociclismo -. Da noi il colpo è fallito, ma chissà se ci riproveranno». Sulla stretta salita si inerpica un’auto della polizia. Sono iniziati i pattugliamenti e da una settimana non ci sono furti. Ma molti temono che non durerà.
Fabio Paravisi
Fonte: Corriere della Sera
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