La vendetta dei Corleonesi – (VIDEO)

totò riinaRoma, 12 dicembre 2013 – Con questa breve riflessione non si vuole assolutamente sminuire il livello d’attenzione per la salvaguardia di Nino Di Matteo o di chiunque altro venga minacciato dalla mafia. Né, come si vedrà, intendiamo sostenere che il pericolo di attentati sia “farlocco” o inesistente. Semplicemente ci vorremmo domandare sulla base di quale logica Salvatore Riina nel maggio 2004, aprofittando di un microfono dell’aula di un tribunale, lanciò, in sintesi, questo messaggio: “interrogate Massimo Ciancimino sul colonnello dei carabinieri che mi ha arrestato. Perchè non lo interrogate?”, per arrivare invece nel 2013 a minacciare di morte un magistrato, aprofittando di un altro microfono (nascosto, per sorveglianza ambientale, ma, secondo alcune fonti giornalistiche, il boss mentre parlava sarebbe stato consapevole della sua presenza), e proprio il magistrato che, anche e comunque a prescindere dalle stesse, ha dato corso a quelle “istruzioni” interrogando appunto Ciancimino su quel colonnello (oggi generale, si tratta di Mori), quello stesso colonnello che lo aveva arrestato, e portandolo a processo, giudizio fondamentalmente basato proprio sulla testimonianza del Ciancimino, tanto invocata dal boss. E’ evidente che qualcosa non quadra. Che fosse un suo logico obbiettivo, quello di assistere al compimento di una raffinata rivalsa verso i carabinieri che lo avevano arrestato, rivalsa che si è concretizzata nella celebazione di processi fondati su accuse infamanti, anche e soprattutto col supporto di testimoni spesso equivoci od anche già facenti parte della sua organizzazione criminale, non c’è bisogno dello psicanalista per spiegarcelo. Che il fatto che costui possa ritrovarsi al fianco di quei carabinieri, sullo stesso banco degli imputati, possa essere per lui qualcosa di ancora più gratificante, non vediamo come possa essere contestabile. Quindi tutti gli elementi, cioè la sua strategia ed i suoi obbiettivi dichiarati in modo manifesto nel maggio 2004, l’escalation delle minacce sia anonime (prima) che dirette (dopo) direttamente proporzionale (non inversamente, attenzione, direttamente) con gli insuccessi e le crescenti difficoltà di questo processo sulla presunta “trattativa”, i modi atipici e non verificabili con cui si sono verificate le minacce dirette (schiamazzi nei corridoi di fronte alle guardie penitenziarie, mai confermati, inaudite socializzazioni fra boss in un’improvvisata e malcelata saletta di registrazione all’insaputa dell’amministrazione del DAP), la scarsa plausibilità e credibilità, per non dir di peggio, delle minacce anonime “piovute” negli ultimi mesi nei confronti di magistrati e di un “testimone” di questo processo, il fatto stesso che un boss mafioso abituato ad uccidere nel silenzio dia ora corso, agendo personalmente, a quello che di fatto si configura come un evento mediatico, tutti questi elementi portano a non poter escludere una concreta spiegazione logica per quanto sta avvenendo: Riina scende in campo personalmente per conferire con le sue minacce un’aura di credibilità e di “eroismo” ai magistrati che stanno gestendo un processo sempre più traballante, laddove lo stesso Riina non potrebbe che volere con tutta evidenza scongiurare un terzo fallimento (Mori è già stato assolto due volte praticamente per gli stessi fatti), favorendo in ogni modo la condanna dei carabinieri che lo arrestarono, perchè colpire quegli ufficiali nell’orgoglio disonorandoli, è una vendetta certamente più efficace dell’eliminazione fisica. Come logica, direi che è persino banale, e nonostante la gravità delle minacce, occorre mantenere la lucidità per prenderla in considerazione ed approfondirla, superando quei tabù della retorica “antimafiosa” che vorrebbero ad ogni costo evitare di affrontare l’eventualità che quello di Riina possa essere un teatro sceneggiato con scopi “trasversali”, per non dire persino opposti a quelli “di facciata”. Che poi gli attentati, purtroppo, anche in questo contesto, possano avvenire veramente, non è da escludere, essendo comunque anche quella una scelta strategica che non potrebbe che conferire un’aspetto di massima serietà a quella che oramai, in mancanza di bombe vere, sta somigliando sempre più alla favola del lupo. Ecco perchè il pericolo non va comunque sottovalutato.

di Enrico Tagliaferro

 

 

http://youtu.be/D04vBOu-WHY