Palermo, 13 dicembre 2013 – Altro duro colpo al boss mafioso latitante Matteo Messina Denaro: cinque dei suoi familiari, tra i quali una sorella, sono stati arrestati in un’operazione antimafia che ha impegnato tra Palermo e Trapani un gruppo interforze costituito da uomini del Ros dei carabinieri, della Guardia di finanza, della Squadra Mobile di Palermo e della Dia nell’esecuzione di una trentina di provvedimenti emessi dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo.
Le ordinanze di custodia cautelare colpiscono esponenti delle famiglie mafiose di Castelvetrano e Campobello di Mazara e i loro interessi economici, soprattutto nell’edilizia. I reati contestati sono, tra gli altri, associazione mafiosa, voto di scambio, estorsione e intestazione fittizia di beni. Tra gli arrestati figura la sorella del capomafia castelvetranese, Anna Patrizia Messina Denaro, accusata di estorsione aggravata dal favoreggiamento di Cosa nostra. Gli indagati sono ritenuti a vario titolo partecipi delle fitta rete che cura e gestisce gli interessi riconducibili a Matteo Messina Denaro. Patrizia Messina Denaro, 43 anni, secondo gli inquirenti era in contatto con il fratello latitante e smistava i suoi ordini del fratello. Inoltre, anche tramite il marito, Vincenzo Panicola, che e’ detenuto da tempo, e’ accusata di aver fatto da raccordo con i mafiosi in carcere. Nell’inchiesta e’ coinvolto anche un cugino del boss, Giovanni Filardo, arrestato gia’ nell’operazione “Golem II” del 2010 e appena il mese scorso assolto da quelle accuse. Il reato di scambio elettorale politico-mafioso viene contestato invece a Aldo Roberto Licata candidato alle ultime elezioni politiche nella lista Grande Sud-Mpa e non eletto. L’inchiesta e’ stata coordinata dal procuratore aggiunto Teresa Principato e da sostituti Paolo Guido e Marzia Sabella.
SORELLA MESSINA DENARO ERA IN CONTATTO COL BOSS
“Prosciugare il bacino di riferimento direttamente riconducibile a Matteo Messina Denaro e’ uno dei punti che abbiamo perseguito da sempre e anche in questa operazione”, ha detto Raffaele Grassi, direttore del Servizio centrale operativo (Sco) della Polizia di Stato, a Palermo dopo gli arresti. Diversi i filoni d’indagine di cui si e’ occupata la polizia di stato, tra cui appunto quello relativo a Patrizia Messina Denaro, alla quale viene constestato anche il reato di associazione mafiosa, oltre che l’estorsione. Intercettazioni dei colloqui tra la donna e il marito Vincenzo Panicola, detenuto e condannato in primo grado a dieci anni di reclusione nell’ambito del processo “Golem II”, hanno evidenziato come ai legami di parentela si siano affiancati ed addirittura sovrapposti i piu’ stretti vincoli derivanti dalla comune appartenenza a Cosa nostra. Patrizia Messina Denaro, secondo gli inquirenti, aveva avuto dal marito il compito di interloquire con il fratello latitante per sapere se il boss avesse o meno autorizzato l’imprenditore Giuseppe Grigoli a rendere dichiarazioni accusatorie contro altri indagati, con il fine ultimo di salvaguardare le aziende a lui sequestrate, il gruppo “6 Gdo” che gestiva una catena di grande distribuzione con il marchio Despar.
La richiesta di informazioni era scattata dati i malumori di alcuni detenuti che volevano punire Grigoli per dichiarazioni da lui rese nei processi. La donna aveva poi riferito al marito di aver comunicato in maniera riservata con il fratello e di aver da lui ricevuto chiare direttive “di lasciare stare” Grigoli, perche’ un’eventuale sua piena collaborazione avrebbe arrecato un piu’ grave danno all’organizzazione criminale. Dlle intercettazioni e’ dunque emerso che Patrizia Messina Denaro era in grado di interloquire direttamente con il fratello latitante, e quindi le si contesta “un ruolo funzionale” all’interno della famiglia mafiosa di Castelvetrano. “Altro obiettivo -ha aggiunto Grassi- e’ rendere complicato il sostentamento alle famiglie dei detenuti. In quest’ottica l’arresto del cugino di Mario Messina Denaro, per estorsione con la motivazione di raccogliere fondi per le famiglie dei detenuti, ha anche questa finalita’”. Un terzo segmento investigativo ha consentito di colpire gli interessi economici riconducibili al boss, con l’arresto di alcuni imprenditori accusati di intestazione fittizia di beni. In questo ambito si e’ inserita anche un0altra vicenda giudiziaria relativa alla corruzione relativa ad opere di manutenzione presso il carcere dell’Ucciardone. In particolre un funzionario, Giuseppe Marino, avrebbe ricevuto del denaro per evitare di applicare una penale. Un altro funzionario, Salvatore Torcivia, e’ stato arrestato assieme a lui. (AGI)
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