Casellato, Pd: ”Non accettiamo che il ministro scarichi responsabilità sulle famiglie”. I coniugi Morandin non torneranno senza il figlio: ”Non vogliamo lasciarlo in un quell’orfanatrofio”
Treviso, 14 dicembre 2013 – Dal 18 novembre sono bloccati nella Repubblica Dominicana del Congo, legalmente liberi di andarsene ma ormai inevitabilmente «prigionieri» di quel Paese, dove vive il bimbo di 14 mesi che hanno adottato e che non può tornare in Italia con loro. A bloccare l’espatrio del piccolo, e di altri bambini adottati da 25 famiglie italiane, il governo congolese che, a causa di alcune irregolarità nelle procedure di adozione internazionale riscontrate con altri Paesi esteri, ha bloccato tutte le pratiche. Le famiglie hanno chiesto aiuto alle autorità italiane, interessando in primis la Farnesina e il ministro Cècile Kyenge che, dopo aver l’avvio di un’intesa trattativa diplomatica e un viaggio in Congo a cui non sono seguiti riscontri, ora attribuisce parte della responsabilità ai genitori adottivi.
Quella che stanno vivendo i trevigiani Francesca Bortolin, 33enne biologa e Marco Morandin, 37enne dipendente d’azienda, così come altre 25 famiglie adottive italiane, è ormai una vera e propria odissea. Francesca e Marco, due anni fa hanno avviato un percorso che è arrivato a definizione con l’adozione del piccolo. Per questo il 18 novembre sono andati a Kinshasa per prendere il bimbo. Appena arrivati però, per i Morandin e per altre famiglie sono iniziati i problemi. Dal 25 settembre, infatti, il governo congolese ha bloccato tutte le pratiche e trattiene i bambini. Francesca e Marco, potrebbero ripartire subito per l’Italia, ma senza il figlio. Una possibilità che non vogliono nemmeno prendere in considerazione: «Lasciarlo qui significherebbe fargli del male – spiega Francesca Bortolin -. Lo abbiamo trovato in condizioni precarie, denutrito e malato. Non lo riporteremo mai nell’orfanotrofio in cui è stato e come noi tutti gli altri genitori». Per questo si sono rivolti alle autorità italiane, ma nonostante l’impegno del ministro Cècile Kyenge, da settimane le 26 coppie italiane vivono con il terrore che ai bambini che hanno legalmente adottato, venga impedito di lasciare il Paese.
Del caso si è interessata anche l’onorevole Floriana Casellato, del Partito Democratico, che ha presentato un’interrogazione parlamentare a cui il ministro ha risposto. E se da un lato Kyenge ha garantito che «da parte dell’Italia c’è una pressante azione sulle autorità congolesi», ha anche dovuto riconoscere che «le autorità congolesi non hanno adempiuto agli impegni presi durante la mia visita». A inizio novembre Kyenge aveva incontrato i ministri dell’Interno e della Famiglia, il vice ministro degli esteri e il direttore generale per la Migrazione del Congo, che avevano garantito l’impegno della Direzione Generale per la Migrazione a confrontare con l’ambasciata italiana la lista delle adozioni considerate in regola e per le quali sarebbe stata rilasciata l’autorizzazione alla partenza. «Quindi, solo le adozioni che avevano raggiunto l’approvazione della Commissione interministeriale congolese prima del 25 settembre sarebbero state autorizzate. Per le altre adozioni si sarebbe dovuto attendere la conclusione della revisione delle procedure congolesi».
A sbagliare però, secondo il ministro, sarebbero stati anche i genitori adottivi: «Di fatto – ha detto Kyenge – alcune famiglie sono andate in Congo, indipendentemente dall’indicazione dell’ambasciata italiana. Quindi senza che l’Autorità congolese avesse consegnato l’elenco delle famiglie adottive i cui bambini sono autorizzati all’espatrio». Un’accusa che i Morandin dal Congo respingono con forza: «Noi genitori seguiti dall’ente Ai.Bi. – ci spiegano Francesca e Marco -, siamo venuti qui solo perché autorizzati dalla Commissione per le adozioni Internazionali, non certo per iniziativa personale». A sostenerli anche l’onorevole Casellato: «Non accettiamo che il Ministro Kyenge scarichi la responsabilità sulle famiglie, laddove c’è una evidente lacuna nella diplomazia internazionale. E’ indispensabile e urgente un intervento politico di altissimo livello. Faremo pressioni perché il governo, prima di Natale, prenda contatti con il Presidente Joseph Kabila. Ancora però non ci è chiaro chi, all’interno dell’Esecutivo, si dovrà prendere la responsabilità di avviare questa azione».
Milvana Citter
Fonte: Corriere del Veneto
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