New Delhi, 15 gennaio 2014 – Il ministero dell’Interno indiano starebbe esaminando l’ipotesi di abbandonare per la presentazione dei capi d’accusa contro i maro’ l’uso della Legge per la repressione della pirateria che prevede automaticamente la pena di morte. Lo scrive l’agenzia Pti. Se confermato, si escluderebbe dal processo la polizia antiterrorismo Nia.La Nia infatti e’ abilitata ad istruire processi riguardanti le cosiddette “scheduled offences”, cioe’ una serie di reati di gravita’ estrema regolati da durissime leggi indiane, come il SUA Act del 2002 che dice nella sua Sezione 3 categoricamente che “chiunque provoca la morte (in mare) di un indiano e’ punibile con la morte”. Fonti ministeriali hanno spiegato che laddove la Nia dovesse concludere che nel caso dei maro’ non esiste una gravita’ del reato assimilabile ad un atto terroristico resterebbero solo due possibilita’. In base alla prima la Nia comunicherebbe alla Corte competente il risultato delle indagini e lascerebbe ad essa la scelta per la continuazione del processo; nella seconda invece il ministero dell’Interno potrebbe restituire il caso alla polizia che per prima ha realizzato le indagini (quella del Kerala) disponendo l’utilizzazione esclusiva del Codice penale indiano. Tuttavia, fanno notare presso la Nia, questa seconda opzione e’ praticamene esclusa perche’ la stessa Corte Suprema stabili’ un anno fa che il Kerala non aveva la giurisdizione per indagare sul caso.(ANSA).