Sanremo, 20 febbraio 2014 – «Ho un desiderio profondo». Dica, signora Carrà.
«Se potessi o ne avessi l’autorità, andrei io stessa in India a chiedere spiegazioni a quel governo. Perché ce le devono. Parlano tanto della lentezza della giustizia italiana, ma che dire della loro? È come minimo increscioso che dopo due anni non abbiano ancora comunicato le motivazioni ufficiali sul caso dei nostri due marò. E che rimandino all’infinito il giudizio. Rallentamenti inaccettabili».
La Rai ha ostinatamente taciuto sull’argomento. Neanche una parola da parte di Fazio, che ieri pareva visibilmente imbarazzato mentre lei lanciava l’appello dal palco.
Anche i vertici della rete sono rimasti ostentatamente chiusi di fronte alla soluzione più semplice: quella di manifestare solidarietà umana, senza arroccarsi dietro alla «politica internazionale che con le canzoni non c’entra». Leone si è detto «contento» della sua sortita. Ma a denti stretti.
«Fabio è stato esemplare nel gestire l’imprevisto dei due lavoratori che si sporgevano dalla balaustra, e aveva avuto anche la preoccupazione di Grillo, che però era stato intelligente a fare il suo comizio fuori dal teatro. Io a Fazio non avevo detto nulla, prima di aprire bocca».
Nulla? Ha agito all’insaputa del conduttore?
«Ci eravamo messi d’accordo sulle battute e sulle canzoni, ma in scena ho sentito un’urgenza irrefrenabile dentro di me. In quel momento mi si è accesa una luce dentro: dovevo profittare di quell’opportunità, e utilizzare le telecamere della Rai per aggiungere la mia piccola voce a quello che tutti gli italiani vogliono: il ritorno a casa dei nostri due ragazzi. Anzi, a dire la verità, ci pensavo sin dal pomeriggio».
Cosa era accaduto nel pomeriggio?
«In una pausa delle prove avevo visto le compagne dei marò al telegiornale. Mi si è stretto ancor di più il cuore, come se fosse stato colpito da una freccia. Volevo che sentissero la mia vicinanza. Queste due donne così coraggiose, in prima fila per ricordare in quale trappola siano finiti i loro uomini».
Il suo appello ha fatto molto per la causa, Raffaella. Ha sentito che applauso sincero dal pubblico dell’Ariston?
«Io sono una persona qualunque, ma la mia è una voce in più. Un appello semplice, diretto, scevro da intellettualismi. Tutto serve per far capire all’India quanto gli italiani esigano chiarezza e giustizia sulla vicenda. Il loro governo, i loro ministri, la commissione d’indagine, i loro politici in cerca di rielezione devono sapere che noi non molleremo la presa. Due anni con questa incognita? E continuano a rinviare il giudizio? Non voglio neppure pensare all’eventualità della pena di morte. Ci vengono a dire che due militari in missione sono terroristi o pirati? Allora lo siamo tutti noi italiani!».
Cosa devono fare le nostre istituzioni?
«Li riportino a casa, poi vedremo qui le eventuali responsabilità.
Ma aldilà dell’orribile fatto in cui sono stati coinvolti, Latorre e Girone ne sono usciti umanamente distrutti. Lo scenario in cui sono stati uccisi i pescatori è complesso. Cosa potevano saperne di chi avevano di fronte, in quelle acque infestate di pirati e terroristi? Liberiamoli, al resto penserà la nostra diplomazia. Il nostro Paese è ora ostaggio di giochi interni all’India, e di quelli internazionali».
Aderisce alla mobilitazione del nostro giornale?
«Certo, ci mancherebbe altro. Mettete la mia firma tra quella dei milioni di italiani che vogliono una soluzione immediata per questa vicenda».
Un’ultima domanda, frivola. Esiste la possibilità di un Fazio-ter per il prossimo Sanremo. Ma lei sarebbe una candidata formidabile per la successione, come ha dimostrato martedì all’Ariston.
«Ringrazio commossa, ma proprio no. Ho già dato, ahahahah».
di Stefano Mannucci