Roma, 22 febbraio 2014 – Le prime parole della prima donna ministro della Difesa nella storia del Paese, Roberta Pinotti, sono state per i fucilieri Latorre e Girone: «I marò sono nel mio cuore, sono una mia priorità». Una presa di posizione immediata e importante che fa ben sperare, alla vigilia della prossima udienza alla Corte suprema indiana, in programma per lunedì. Il magistrato del massimo ente giuridico indiano ha chiesto al governo un parere sull’applicabilità, o meno, della legge antiterrorismo e antipirateria, assurdamente, proprio contro i due militari in servizio antipirateria.
Dopo due anni di tira e molla sembra che le autorità indiane, sulla spinta di pressioni diplomatiche mondiali, sentano la necessità di una soluzione rapida ed equa del «caso marò». Almeno secondo il portavoce del ministro degli Esteri, Syed Akbaruddin, il quale ha spiegato che L’India, ora, sta cercando di risolvere «a livello diplomatico» la vicenda. «Siamo in contatto» con i diplomatici italiani, «non abbiamo ancora reso pubblico il nostro punto di vista… ma l’abbiamo spiegato all’Italia».
Queste affermazioni sembrano la risposta ad un articolo, apparso su «The Asian Age»: «È arrivato il momento che la diplomazia indiana prenda in mano la cosa, raggiunga velocemente un accordo con Roma e cerchi di dare un’appropriata forma legale all’accordo per chiudere». E ancora: «è una vergogna che l’Italia sia stata costretta a ritirare il suo ambasciatore per rendere chiara la sua protesta».
Critiche fortissime all’esecutivo di Delhi arrivano dall’«Hindustan Times», che scrive: «Il caso dei due marò italiani in India è un manuale esemplare delle cose da non fare». E prosegue: «Il governo ha titubato e annaspato su questo caso, ma è in alto mare».
E mentre l’ambasciata italiana di Roma chiedeva e riceveva la fattiva collaborazione delle autorità italiane, dopo l’invio di minacce e di una lettera con proiettili, è partita dall’Europa un nuovo appello per una soluzione rapida del caso. Il presidente della commissione Esteri e Difesa del Parlamento ellenico, che esercita la presidenza di turno del Consiglio dell’Unione europea, insieme agli omologhi dei paesi europei, ha definito «inaccettabile che militari in servizio possano essere accusati ai sensi della normativa anti-terrorismo ed anti-pirateria», sperando «in una tempestiva soluzione del caso nel pieno rispetto del diritto internazionale e dei diritti fondamentali dei due militari italiani».
di Antonio Angeli
Fonte Il Tempo