E’ considerato uno dei padri fondatori della radio e della televisione italiana. Il suo nome è ricordato soprattutto per l’incredibile caso di persecuzione giudiziaria di cui fu ingiustamente vittima fino alla morte.
Il 17 giugno 1983, sulla base delle accuse di un pentito della camorra, Enzo Tortora viene arrestato.
Nei primi mesi del 1983 due pentiti della Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo indicarono Tortora come affiliato con l’incarico di corriere di droga.
Dopo una lunga battaglia giudiziaria che divise il Paese tra innocentisti e colpevolisti, il 13 giugno 1987 la Corte di cassazione confermò l’innocenza di Tortora.
Enzo Tortora torna in televisione il 20 febbraio del 1987, quando ricomincia con il suo Portobello. Il ritorno in video è toccante, il pubblico in studio lo accoglie con una lunga standing ovation.
Tortora, leggermente invecchiato e fisicamente molto provato dalla terribile vicenda passata, con evidente commozione pronuncia serenamente la famosa frase:
«Dunque, dove eravamo rimasti?
Potrei dire moltissime cose e ne dirò poche. Una me la consentirete: molta gente ha vissuto con me, ha sofferto con me questi terribili anni. Molta gente mi ha offerto quello che poteva, per esempio ha pregato per me, e io questo non lo dimenticherò mai. E questo “grazie” a questa cara, buona gente, dovete consentirmi di dirlo. L’ho detto, e un’altra cosa aggiungo: io sono qui, e lo so anche, per parlare per conto di quelli che parlare non possono, e sono molti, e sono troppi. Sarò qui, resterò qui, anche per loro.
Ed ora cominciamo, come facevamo esattamente una volta.»
Il 18 maggio 1988, il conduttore morì per un cancro ai polmoni.