«Pietà per Provenzano, è un vegetale»

provenzanoParla l’avvocato del boss: «L’encefalopatia gli ha distrutto il cervello Ma il tribunale di Sorveglianza non vuole revocargli il 41 bis»

Roma, 31 luglio 2014 – Pietà per Provenzano. Uno Stato degno di questo nome dovrebbe averla o quantomeno trovarla. Perché il boss dei boss, come ci conferma il suo avvocato, Rosalba Di Gregorio, è da tempo un «vegetale», fermo su un letto da due anni, si nutre con un sondino nasogastrico, l’encefalopatia gli ha «distrutto» il cervello. Eppure è ancora detenuto in regime di carcere duro. Persino l’ex pm Antonio Ingroia ha chiesto la revoca del 41bis. Il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, invece, sostiene che il boss, anche se a intermittenza, reagisce. E a proposito di Dap, al legale di Provenzano abbiamo chiesto che ne pensa dell’annuncio del premier Renzi di revocare il segreto di Stato sul cosiddetto «protocollo Farfalla», il presunto accordo fra servizi segreti e Dap che permetteva agli 007 di «contattare» i detenuti per 41bis.
Avvocato Di Gregorio, come sta Provenzano?
«Malissimo. Se gli staccano i fili avrà sì e no 48 ore di vita. Pesa 45 chili, è alimentato artificialmente con un sondino che va dal naso non più allo stomaco, che ormai non reagisce più, ma direttamente all’intestino. Dovranno fargli la Peg (l’inserimento di un tubo dalla cavità gastrica verso l’esterno per permettergli di nutrirsi, ndr), ma col suo tipo di encefalopatia, l’anestesia potrebbe ucciderlo. Provenzano è un vegetale col cuore battente ma senza più orientamento spazio-temporale».
Eppure il carcere duro non gli viene revocato.
«Il tribunale di Sorveglianza di Roma si comporta da Ponzio Pilato. Il primario ospedaliero del reparto San Paolo di Milano, dove Provenzano è ricoverato in regime di 41 bis, ha inviato una relazione al magistrato di Sorveglianza di Milano certificando l’incompatibilità di Provenzano con qualunque stato di detenzione. Il magistrato ha attivato il tribunale di Sorveglianza di Milano, che ha nominato i periti rinviando però il tutto al 3 ottobre. Alla stessa data, pilatescamente, ha rinviato anche il tribunale di Roma competente per il 41 bis. Così Provenzano se ne resta «felicemente» al 41bis perché, dicono, in queste condizioni pare possa dare ordini e comandare Cosa Nostra. In queste condizioni potrebbe impartire la sua volontà solo a una mafia in coma come lui».
Potrebbe rimanere in questo stato per anni?
«No, i medici dicono che le cellule celebrali si stanno distruggendo e che a un certo punto verranno meno anche quelle che comandano la respirazione e quindi il cuore. Provenzano morirà improvvisamente per arresto cardiocircolatorio dopo anni di sofferenza. Io ho esaurito tutti i mezzi che il codice mi mette a disposizione per tirarlo fuori di lì. È un momento di inciviltà dello Stato. Persino Ingroia ha chiesto la revoca del 41bis».
A che titolo e in che veste? Come avvocato?
«Le procure di Palermo, Caltanissetta e Firenze hanno espresso parere favorevole alla revoca. Ma il ministro della Giustizia le ha ignorate riapplicando il 41bis. Anche la Procura nazionale antimafia ha detto “no” alla revoca. E sa perché? Perché il Dap gli ha comunicato che ad intervalli Provenzano capisce. Nella loro relazione c’è scritto che se gli chiedi “come sta”, a volte non reagisce, altre dice “bene”, quindi per loro sta bene. È anche annotato che quando l’infermiera gli chiede se vuole la tv accesa, lui risponde “mia sorella dov’è? E le preghiere?”, ma per il Dap interagisce. Per il giudice tutelare, invece, non occorre nemmeno la perizia tanto è evidente che il suo cervello è ormai compromesso».
Ha sentito che il premier desecreterà il “protocollo Farfalla”?
«Se lo facessero veramente avremmo molto da apprendere. Parliamo di un accesso alle carceri allo scopo di dialogare coi detenuti per 41bis per acquisire informazioni senza informare la magistratura. Qual è il fine? I “contatti” di che natura erano? Che scopo aveva “contattare” i detenuti per 41bis senza che alla magistratura venisse comunicato nulla? Si tratta di un’operazione che non prevede nessun tipo di rendicontazione scritta, assolutamente “chiusa”, che “sfugge” ma che di certo è contraria alla costituzione, perché il detenuto dovrebbe rispondere solo alla magistratura di sorveglianza. Di certo, però, questo “protocollo” non è stato creato per perdere tempo».
Nel 2012 l’allora eurodeputata dipietrista Sonia Alfano e Giuseppe Lumia, del Pd, incontrarono Provenzano in carcere.
«Quella era un’iniziativa personale che non mi pare possa rientrare nel protocollo farfalla».
Anche il dialogo in carcere tra Riina e Alberto Lo Russo, un affiliato alla Sacra Corona Unita trasformato in «cimice umana», ha fatto pensare al «protocollo Farfalla».
«In questo caso allora dovremmo parlare di una “farfalla” ancora svolazzante, ma non è proprio la stessa cosa. Il vero “protocollo Farfalla” è quello esistito negli anni precedenti. Quello sì che è una cosa grave e seria, e sarà un bene fare piena luce. Magari anche su alcuni strani suicidi di detenuti mafiosi avvenuti nel corso degli anni».

di Luca Rocca

Fonte Il Tempo