Milano, 1 agosto 2014 – Omicidio aggravato da futili motivi e occultamento di cadavere. Il pubblico ministero Grazia Pradella ha chiesto ieri il giudizio immediato per i due indiani, Rajeshwar Singh, 29 anni, attualmente in carcere insieme alla fidanzata Gagandeep Kaur, di 30 anni, che il 27 gennaio uccisero (secondo l’accusa) Mahtab Savoji, la ragazza iraniana di 29 anni, studentessa all’Accademia di Brera e poi ne scaricarono il corpo, chiuso in valigia, in un canale del Lido di Venezia.Nessuno dei due giovani, in questi sei mesi di carcere,ha mai confessato il delitto. Lui ha continuato ad accusare lei, lei ha continuato ad avvelersi della facoltà di non rispondere. Eppure le relazioni dell’anatomopatologo prima, e dei periti incaricati dalla procura poi, hanno ricostruito anche i dettagli di quella notte in cui i due fidanzati portarono a termine un piano omicida delirante. Ad uccidere Mahtab, secondo l’accusa, sarebbero stati entrambi, concordi. La morte, avvenuta per «asfissia meccanica». Secondo la perizia, la giovane sarebbe stata uccisa con la collana d’oro che portava al collo Rajeshwar Singh.
Una catena dalle maglie piuttosto grosse che lui avrebbe stretto attorno al collo della ragazza, mentre la fidanzata le teneva bloccate le braccia. A conferma di questo particolare, sul collo della iraniana sono state trovati piccoli frammenti di oro della catena. Un omicidio che, per le modalità, secondo l’accusa, non può che essere stato commesso da due persone. Come movente la gelosia, anzi «una vera e propria ossessione» da parte della fidanzata e futura sposa, che non tollerava più le attenzioni di lui nei confronti della bella coinquilina. Così, il piano criminoso partorito in una notte ambigua e confusa dall’alcol.
I tre cenano, giocano, finiscono a dormire vicini, sguardi d’intesa innocui, ma che nella mente ossessionata di Gagandeep Kaur scatenano un istinto violento, secondo gli inquirenti. La cronaca dell’omicidio ricomincia all’alba del 28 gennaio, non più a Milano, nell’appartamento di via Pericle 5, ma molto più lontano, al Lido di Venezia. Un corpo di donna affiora dalle acque di un canale di via Loredan. Lei è giovane, bella e completamente nuda se non per un filo di perline colorate attorno al collo, con un ciondolo. Inizia da qui quello che, per qualche giorno sarà il giallo della ragazza morta e chiusa in valigia: senza nome, senza passato.
Per risalire alla sua identità i poliziotti ricorrono alle impronte digitali. Con Venezia, però, non ha nulla a che fare: da un anno e mezzo vive e studia a Milano. Accademia di Belle Arti, biennio specialistico in Scenografia. Di nuovo a Milano, arriva la soluzione del mistero, a meno di una settimana dal ritrovamento del suo corpo. Rajeshwar Singh, portiere d’albergo e Gagandeep Kaur, cameriera, entrambi suoi coinquilini, davanti al magistrato raccontano una verità piena di lacune e un macabro viaggio di 12 ore tra la Lombardia e il Veneto con il corpo denudato infilato in un trolley. Prima il tentativo di gettare il cadavere nelle acque del lago di Lecco: troppa folla. Quindi la decisione di ripiegare su Venezia. L’arrivo in treno, il vaporetto fino al Lido, Mahtab buttata nel canale e infine il ritorno a Milano, in taxi: 500 euro contrattati con l’autista che poi andrà dalla polizia a raccontare di quella strana coppia disposta a tutto pur di tornare a Milano. La sua testimonianza, insieme ai tabulati telefonici e alle telecamere che registreranno il passaggio della coppia tra Milano e Venezia, sarà fondamentale alla Squadra mobile di Milano e a quella di Venezia per incastrare i due.
di Anna Giorgi