Yara, ecco le prove a carico di Bossetti. E gli indizi che lo scagionerebbero

bossetti-6403Bergamo, 4 agosto 2014 – Massimo Giuseppe Bossetti, 43 anni, muratore. Una bella moglie. Tre figli. Gli inquirenti non nutrono il minimo dubbio: è lui l’uomo che la sera del 26 novembre del 2010 ha sorpreso Yara Gambirasio, 13 anni, all’uscita dal centro sportivo di Brembate di Sopra, l’ha caricata sul suo furgone, l’ha trasportata a una decina di chilometri di distanza, fra le sterpaglie di un campo a Chignolo d’Isola. Lì, l’ha colpita alla testa, ferita, seviziata. Se n’è andato lasciando che morisse di freddo, di stenti, nella notte novembrina. È Bossetti l’uomo che ha impresso il suo codice genetico sugli indumenti di Yara.

Fermato il 16 giugno, in isolamento nel carcere di Bergamo, non ha accusato un attimo di cedimento nel dichiarare, ribadire, proclamare la sua innocenza assoluta. Per quasi quattro anni quest’uomo esile e biondo, dagli intensi occhi azzurri, ha vissuto la sua vita normale. Ha lavorato nei cantieri. Ha giocato la sera con i suoi bambini, li ha accompagnati alla dottrina e alla messa della domenica.

 LE PROVE A SUO CARICO

1) IL PIZZETTO CURATO NOTATO DAL FRATELLINO: Ascoltato il 19 luglio 2012 alla presenza di una psicologa, Natan Gambirasio, fratello minore di Yara, racconta che la sorella aveva paura di «un signore in macchina che andava piano e la guardava male quando lei andava in palestra e tornava a casa» percorrendo via Morlotti. L’uomo «aveva una barbetta come fosse appena tagliata» e guidava una «macchina grigia lunga». Bossetti è proprietario di una Volvo V40 grigia. Negli anni scorsi, come provano alcune fotografie pubblicate dallo stesso Bossetti nella sua pagina Facebook, il muratore portava il pizzetto. Non corrisponde invece a Bossetti la descrizione fisica del misterioso personaggio. Nell’ordinanza di custodia cautelare il gip Vincenza Maccora auspica sul punto «ulteriori approfondimenti investigativi».

2) UN ALIBI FRETTOLOSO: Bossetti dice di ricordare quella serata perché è un tipo «metodico» e anche perché, passando davanti al centro sportivo di via Locatelli, ha notato le parabole delle televisioni. In realtà, la prime troupe televisive si presentano a Brembate nella giornata  di domenica 28 novembre. Le parabole arrivano solo il lunedì successivo. Bossetti dimostra di conservare una memoria molto nitida della serata, trascorsa nella sua abitazione alla Piana di Mapello. Ha cenato con la moglie e i figli, ha controllato i quaderni di scuola dei bambini, ha guardato la televisione steso sul divano.

3) IL TEST DEL DNA: Secondo le analisi uscite dai laboratori dell’università di Pavia, il codice genetico di Massimo Giuseppe Bossetti presenta «una piena compatibilità per 21 marcatori» con quello che «Ignoto 1» ha lasciato impresso sui leggings e gli slip di Yara Gambirasio, ricavatoda tre minuscole macchioline di sangue. La possibilità che appartenga ad un altro uomo è una «su due miliardi di miliardi di miliardi». Bossetti è senza possibilità di dubbio figlio naturale di Giuseppe Benedetto Guerinoni, nato da una relazione extraconiugale dell’autista di Gorno con Ester Arzuffi.

4) LE ASSENZE DUBBIE: I colleghi di lavoro a Palazzago dichiarano che a volte Bossetti si assentava. In una circostanza avrebbe motivato l’assenza con un controllo sanitario. Ma al medico, sentito dagli investigatori, non risultava alcuna visita.

5) IL CENTRO ESTETICO: L’indiziato dichiara in un primo tempo di avere frequentato saltuariamente il centro estetico «Oltremare», in via Gotti a Brembate di Sopra. Lo ammette solo in seguito, sostenendo di averlo tenuto nascosto perché non voleva che la moglie sapesse di quella spesa. La titolare conferma che fino al 2010, quando il centro fitness ha lasciato via Gotti per trasferirsi sotto i portici, il muratore si presentava regolarmente, due volte la settimana, per le lampade abbronzanti.  Poi la frequentazione era cessata. Educato, di poche parole, Bossetti non aveva mai parlato di sé e della sua famiglia al personale del centro.Via Gotti è a pochi passi da via Rampinelli dove abita la famiglia Gambirasio. Il centro era quasi davanti alla fermata dello scuolabus dal quale ogni giorno scendeva Yara.

6) LE POLVERI DI CALCE: Sul corpo, su alcuni indumenti, a livello dell’albero bronchiale della vittima, erano presenti «polveri riconducibili a calce». Le polveri non appartengono a luoghi frequentati abitualmente da Yara (la casa, la palestra, la piscina) e neppure si trovano nel campo di Chignolo d’Isola dove, il 26 febbraio del 2011, viene ritrovato il corpo. Sulle suole e su alcuni indumenti sono state trovate piccole sfere di cromo-nichel usate nel mondo dell’edilizia. Bossetti è un artigiano edile, titolare dell’impresa individuale «Bossetti Massimo Giuseppe».

7) I DUE CELLULARI:Alle 17.45 del 26 novembre del 2010 (la sera della scomparsa di Yara) il cellulare di Bossetti aggancia la cella di via Natta a Mapello. Accade quando l’artigiano telefona al cognato Osvaldo Mazzoleni, con cui lavora in un cantiere a Palazzago. La stessa cella viene agganciata dal telefonino di Yara quando, alle 18.49, riceve il secondo sms dall’amica Martina. Quindi, secondo gli inquirenti, l’indagato si trovava (quantomeno alle 17.45) nella stessa zona in cui si trovava Yara.  Il cellulare del carpentiere rimane inattivo fino alle 7.34 del mattino successivo.

8) IL SANGUE SUGLI ATTREZZI: Bossetti riferisce di soffrire di epistassi e che il sangue potrebbe avere sporcato uno degli attrezzi che, rubato insieme con altri, sarebbe finito nelle mani del vero assassino. Ma il sangue del carpentiere, ormai secco, non avrebbe potuto mescolarsi ad altri liquidi organici della vittima, come è invece accaduto. Due colleghi di lavoro al cantiere alla frazione Burligo di Palazzago hanno confermato la versione delle perdite di sangue dal naso, ma hanno negato che si fossero verificati furti. Bossetti denuncia il furto dei suoi attrezzi (un cutter, un martello, un trapano, un misuratore di distanze laser) ai carabinieri di Seriate solo il 17 marzo di quest’anno, tre mesi prima del fermo.

9) IL FURGONE SOSPETTO: Alle 18.01 del 26 novembre 2010 le telecamere di un benzinaio in via Bruno Locatelli a Brembate di Sopra, di fronte al centro sportivo da cui esce Yara, riprendono un furgone in transito.  Gli inquirenti sono certi che si tratti  del cassonato Iveco Daily dell’indagato. Se fosse così, il muratore dovrebbe spiegare cosa lo tratteneva a Brembate 16 minuti dopo la telefonata al cognato delle 17.45.

10) LA VISITA A CHIGNOLO: Bossetti frequenta Chignolo d’Isola (dove, il 26 febbraio 2011, in un campo in via Bedeschi, viene ritrovato il corpo di Yara) per rifornirsi in un magazzino dei materiali edili necessari per il suo lavoro. Completato l’acquisto, era sua abitudine quella di rifocillarsi in un bar pizzeria in via Donizetti, in centro. Bossetti è a Chignolo anche il 6 dicembre 2010, quando Yara è scomparsa da dieci giorni. Dagli accertamenti effettuati è emerso che quel giorno il magazzino di materiali edili e ferramenta non ha rilasciato alcuna fattura intestata al muratore di Mapello.

 GLI INDIZI CHE LO SCAGIONANO

1) I PELI E I CAPELLI NON SONO SUOI: Anche se la relazione non è stata ancora consegnata in procura a Bergamo, dai circa 200 reperti piliferi (peli e capelli) trovati su Yara e accanto al corpo non è emerso il dna di Bossetti.

 2) IL SEGNALE DAL CELLULARE DI YARA: Quello alle 18.49 del 26 novembre 2010 (quando riceve il secondo messaggio dall’amica Martina che le sta ricordando la gara di domenica) non è l’ultimo segnale mandato dal cellulare di Yara. Alle 18.55 il telefonino Vodafone marca «Lg» è al centro di un processo per cui non genera traffico ma, cambiando antenna, «rinegozia» la sua registrazione alla rete e genera dei file. Alle 18.55 c’è dunque un segnale che è da collocare a Brembate, precisamente nella cella che copre la zona nord (compatibile con l’abitazione di Yara in via Rampinelli). Logico supporre che la ginnasta tredicenne stia dirigendosi verso casa.  E Bossetti? L’ultimo segnale lanciato dal suo telefonino è quello che alle 18.49 aggancia la cella di via Natta a Mapello quando il muratore chiama il cognato Mazzoleni.

3) MAI VISTO DALLE ALTRE RAGAZZINE:  Tre compagne di Yara nella squadra di ginnastica ritmica e l’istruttrice Daniela Rossi dichiarano di non avere mai notato Bossetti nelle vicinanze del centro sportivo di Brembate.

4) NON HA MENTITO SUGLI SPOSTAMENTI: Alla contestazione che passando da Brembate allungava il percorso dal cantiere di Palazzago alla sua abitazione di Mapello, Bossetti risponde con alcune considerazioni. Era un percorso più lungo ma più scorrevole. È cresciuto a Brembate, ci ha abitato fino al tempo delle scuole medie. A Brembate abita il fratello. A volte, mentre rincasava, si fermava in via Bruno Locatelli (la strada della palestra) per una birra al bar «Il piacere», all’edicola dove acquistava un giornale o le figurine per i bambini, per fare benzina.  Alla domanda se è mai transitato per via Rampinelli (dove abitano i Gambirasio), risponde, nell’udienza di convalida del fermo, che «ogni tanto ci passava». «Lo facevo – spiega – per tagliare ed evitare il casino alla rotonda. Oppure, se avevo bevuto una birretta al bar, passavo per le strade interne per evitare di incappare in eventuali controlli, dato che la polizia locale spesso si appostava in via Bruno Locatelli». Alle 18.12 del 26 novembre 2010 le telecamere della Banca di Credito Cooperativo di via Rampinelli riprendono un furgone.

5) IL SUO CORPO: Nella descrizione dell’uomo con l’auto grigia che faceva paura alla sorella Yara, il piccolo Natan Gambirasio parla di un tipo «cicciottello». Bossetti è invece di corporatura piuttosto esile: il dato dunque stride e va verificato con attenzione.

Fonte Il Giorno