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ImmagineRoma, 3 settembre 2014 – Il Riina-Lorusso muppet show prosegue e si arricchisce di nuove puntate. Ora il capomafia parla di pontefici, sacerdoti uccisi e sacerdoti da uccidere. Sono intercettazioni dell’anno scorso e vengono depositate a rate. Il fascicolo dunque comincia a essere corposo, se ne potrebbe trarre un libro-intervista. In fondo il camorrista pugliese avrebbe diritto almeno a questa soddisfazione, visto che gli argomenti li sceglie lui e il boss, senza farsi pregare, risponde. Scherzi a parte, la faccenda sta diventando stucchevole. L’assurdità della violazione palese del senso del 41 bis appare evidente. I proclami e le minacce di morte di chi vuole riaffermare il proprio ruolo di “capo dei capi” vengono amplificate e non impedite. Per di più i minacciati vengono a saperlo dai giornali. Ma questo era più o meno già tutto chiaro. Quello che può far riflettere è l’inutilità sostanziale dal punto di vista processuale di tutto ciò. Sulla trattativa, che è l’oggetto del processo, non c’è nulla ma tutto viene depositato agli atti del processo in cui Riina è imputato. A meno che la procura non voglia valorizzare il passaggio in cui Riina tira in ballo Provenzano per l’uccisione del giornalista Beppe Alfano. Sarebbe una strada tortuosa per ritornare alla cattura di Nitto Santapaola, vicenda della quale già si è occupato a lungo l’ultimo processo nel quale il generale Mori è stato assolto.

di Massimo Bordin
Fonte Il Foglio
D.E.