Le “minoranze silenziose” non godono mai della considerazione che meriterebbero. Perché oltre ad essere silenziose, come le famose maggioranze che però si rivelano perlomeno schiaccianti alle urne elettorali, sono per l’appunto minoranze spesso irrisorie. E ben contente di esserlo. Alzi la mano ad esempio chi non era o non è ancora fiero di essere stato un euroscettico della prima ora. Negli ultimi anni ’90 e nei primi anni 2000 avvertire che forse l’Ue non era una buona idea, ispirandosi a icone come Margaret Thatcher o, in Italia e fatte le dovute proporzioni, Antonio Martino, era tanto soddisfacente quanto inutile.
Soddisfacente perché nessuno era disposto ad ascoltare ed anzi spesso si rischiavano insulti. Inutile per lo stesso motivo.
Che fine abbiamo fatto noi euroscettici della prima ora? Una fine non esattamente bella. Ci siamo auto-confinati con lo status di “minoranza silenziosa”, vergognandoci del fatto che nel frattempo gli euroscettici siano diventati una maggioranza rumorosa.
Avremmo buon gioco nel rinfacciare “Ve l’avevamo detto, avevamo ragione”, ma non possiamo farlo. Non possiamo permetterci di mischiarci con lo statalismo esasperato del “neo-euroscetticismo” (se esiste il “neo-liberismo”, perché non coniare anche questo neologismo?), con le teorie dei complotti, i proclami derilanti antieuropei, antioccidentali e spesso antisemiti, i politicanti che sostengono che l’Italia senza euro sarebbe una superpotenza perché la “moneta maledetta” è la causa dei problemi con cui il realtà il Belpaese convive praticamente da quando è nato. In tempi di grillismo dilagante e di strizzate d’occhio ai Brics, noi euroscettici della prima ora abbiamo preferito il silenzio per non sembrare “nemici dell’Europa” o “nemici dell’occidente”. D’altra parte non lo siamo mai stati, perché contribuire ad alimentare questo sospetto?
Ebbene, abbiamo sbagliato. Per due motivi.
Il primo, grave: abbiamo lasciato che l’euroscetticismo diventasse appannaggio di estremisti, arrabbiati, cospirazionisti di ogni sorta che pontificano sui mali dell’occidente e invocano sovranità nazionale (che dovrebbe presupporre l’esistenza di buoni “sovrani”, non dimentichiamolo) e monetaria, uscita dall’euro e svalutazione. Dimenticandosi però delle uniche argomentazioni intelligenti. Ad esempio: chi mai si ricorda che la svalutazione della moneta è un processo naturale in regime di libero mercato, essendo anche le monete delle merci ed esistendo pure un mercato delle monete?
Il secondo, gravissimo: per non sembrare “nemici”, abbiamo taciuto di fronte allo sfacelo dell’Europa.
Purtroppo, anche le minoranze silenziose nel loro piccolo s’incazzano. Non è più tempo di tacere ed assistere impotenti ad un’Europa che cola a picco.
L’Ue è un progetto nato male e cresciuto peggio, senza alcuna pianificazione né identità. Non si sa a cosa serva, e se l’unica ragione della sua esistenza è “evitare altre guerre intestine in Europa” forse è il caso di porsi qualche domanda.
L’euro è un’ambizione irragionevole, tanto quanto il sogno di riunire un’accozzaglia di Paesi cialtroni e improduttivi per farne una superpotenza mondiale. La locomotiva Germania, fatti salvi i vantaggi di non subire più la concorrenza sleale degli Stati che coprivano le loro magagne economiche svalutando moneta in continuazione per essere facilitati nell’export, non ha alcuna voglia di trainare e soprattutto accollarsi i cosiddetti “Piigs”.
Logica conseguenza è un’entità sovrannazionale, illiberale e socialisteggiante, senza arte né parte, subalterna tanto agli Usa quanto ai Brics, con una politica estera inesistente e una politica interna confusa. Questa è l’Ue.
Non stupiamoci se persino gli europei abbiano crisi d’identità, se non riescono a credere in valori assoluti e prettamente occidentali come libertà economica e libertà individuale perché trasmessi con poca convinzione. Negli anni ’60-’70 era facile distinguere gli “occidentalisti-atlantisti” dai “filo-sovietici”. Il Pci guardava a Mosca, gli altri partiti, Msi compreso, difendevano l’occidente, con l’anomalia di una Dc talvolta più filo-palestinese che filo-israeliana. C’era la guerra fredda e lo scenario era ben delineato.
Oggi apparentemente c’è una destra che guarda ai Brics e sembra aver preso il posto del vecchio Pci. In realtà, come direbbe qualcuno che di politica ne sapeva, “la situazione è un po’ più complessa”. Tra gli europei sostenitori di Putin di oggi si annoverano fior di occidentalisti, filo-israeliani, tutt’altro che nostalgici dell’Urss o terzomondisti esterofili. C’è chi, a ragione o torto, vede in Putin il vero leader dell’occidente e l’unico difensore dei valori europei o della cultura cristiana. Insomma, gli europei di oggi preferiscono identificarsi in un Putin piuttosto che in un Obama, non avendo leader “autoctoni” cui ispirarsi. Ma non è un fenomeno paragonabile all’amore per l’Urss, in chiave ideologica, anti-italiana e anti-occidentale, di un Palmiro Togliatti. Non è la scelta di chi vede in Putin un nemico del capitalismo o dell’Europa. E’ l’esatto contrario: per molti europei, oggi, sentirsi “occidentali” significa riconoscersi in Vladimir Putin.
Certo i pastrocchi di Usa ed Ue in politica estera, il dissennato sostegno alle primavere arabe e il ruolo poco chiaro dell’occidente nell’attuale recrudescenza del terrorismo islamico non hanno aiutato.
L’Europa si trova ora in aperto conflitto proprio con la Russia. Le famigerate sanzioni economiche sono solo l’ultimo di una lunga serie di errori: oltre a rischiare di danneggiare l’economia italiana ed europea, vanno a pungolare proprio quel Putin che pochi europei vedono come un nemico.
Per quale motivo, cara Europa, si è arrivati a questo?
Forse le “minoranze silenziose” sono state mute per troppo tempo?
Di Riccardo Antonioli