7 Sett. – Qualcosa si muove. E questa volta un cauto ottimismo sembra pevalere sulla colpevole indifferenza indiana: è pronto un ricorso alla Corte Suprema per far rientrare in Italia Massimiliano Latorre, che si sta riprendendo dalla leggera ischemia cerebrale della quale è stato vittima il 31 agosto scorso. La prima udienza è già stata fissata per domani.
Semplice la motivazione della richiesta che si fonda sulla necessità di favorire il pieno ristabilimento del 37enne marò tarantino che nella gionata odierna potrebbe essere dimesso dall’ospedale di New Delhi dove è stato sottoposto a terapie motorie di riabiliazione. I legali dello studio Titus, che difende i due Fucilieri, hanno spiegato che le condizioni di Latorre sono migliorate e le cure ricevute sono soddisfacenti, ma nel ricorso si sottolinea come la vicinanza della compagna e dei figli ne favorirebbero la piena ripresa dall’ischemia, riducendo i rischi di recidiva come lo stress. Una decisione sull’eventuale rimpatrio è attesa per i prossimi giorni. C’è da dire che la richiesta della difesa era stata concordata in occasione della visita del ministro della Difesa, Roberta Pinotti, che lunedì scorso era volata a New Delhi per accertarsi delle condizioni di Latorre. Nelle stese ore il ministro degli Esteri, Federica Mogherini, aveva spiegato che il malore del marò «cambia la situazione» e il modo in cui deve reagire l’Italia «sotto tutti i punti di vista».
Con Salvatore Girone, Latorre è bloccato in India da due anni e mezzo con l’accusa di aver ucciso due pescatori indiani mentre era in servizio di scorta a una petroliera italiana al largo delle coste del Kerala. Hanno già avuto il permesso di tornare temporaneamente in Italia per due volte, ma nell’ultima occasione, nel marzo 2013, si scatenò un braccio di ferro perché il governo italiano si era inizialmente opposto al loro rientro in India, salvo fare marcia indietro dopo le minacce di ritorsioni di New Delhi. Una brutta storia politica e diplomatica, partita male e condotta ancor peggio (se possibile) dal nostro governo.
Ieri ha alzato la voce anche il Co.Ce.R. (Consiglio centrale di rappresentanza dei militari) che ha denunciato l’esigenza, da parte del mondo in divisa, di una mobilitazione superiore a quella che si sta attuando in questi giorni contro i tagli del Governo sugli stipendi dei militari e poliziotti. «Sono mesi – di legge in una nota – che come delegati del Co.Ce.R. abbiamo chiesto sul caso un incontro con il Presidente del Consiglio, ma nei fatti veniamo snobbati e i dubbi su tale comportamento sono tanti. Tale situazione di mancata chiarezza nei rapporti internazionali, compromette ogni condizione dei militari nei teatri operativi all’estero. Non si può pensare e attendere che il problema venga risolto dalla magistratura indiana che dopo quasi 1.000 giorni, ancora non ha fissato un capo di imputazione. Il problema è politico perché i due Fucilieri erano in missione per conto dello Stato. Non devono essere, invece, due innocenti a rispondere al posto di chi ha consentito «ingenuamente» che la nave entrasse nelle acque territoriali indiane, e di chi non è stato capace di gestire la questione facendoli rientrare in India dopo l’annuncio che sarebbero rimasti in Italia. In questo senso si vedono solo inerzia ed incapacità anche di questo Governo che sostiene di voler riformare tutto e tutti, ma non è capace di trovare una soluzione politica con un Paese democratico come l’India?».