Roma, 8 settembre 2014 – La vicenda è nota. Aldilà dei dettagli nella ricostruzione dell’accaduto, di certo c’è che tre giovani alle tre di notte si aggiravano senza casco e su un motorino per uno dei quartieri più malfamati di Napoli. I tre non si fermano all’alt di una pattuglia dei carabinieri. Nella concitazione del controllo e dell’inseguimento vengono sparati dei colpi. A perdere la vita uno dei tre giovani. Anzi, il minore di essi: Davide Bifolco.
Fin qui solo un copione già visto in passato, in una città, Napoli, in cui viene ritenuto assolutamente ed incredibilmente normale girare in tre su un motorino alle tre di notte.
Una città che, proprio per questa ragione, ha considerato da sempre anche più tollerabile un diverso grado di durezza nell’operato delle forze dell’Ordine. Ma di anomalo ed inaccettabile c’è la reazione dell’opinione pubblica. Una città che non riesce a smarcarsi dalla illegalità e criminalità, mafiosa e non. Una città che recentemente ha fornito lo spettacolo penoso di celebrare i funerali di un tifoso ucciso durante risse e disordini con tifoserie avverse, come un eroe nazionale. Una città che non ha mai ricordato i suoi caduti tra le forze dell’ordine o la magistratura, che non ha mai manifestato contro le morti ingiuste della camorra. Che non ha mai ricordato a dovere un giornalista come Giancarlo Siani, ucciso in solitudine dalla camorra solo per la sua ingenua ricerca della verità. Questa Napoli oggi manifesta violentemente contro le forze dell’ordine, contro i suoi figli migliori, distruggendo auto, etichettando poliziotti e carabinieri bastardi ed assassini.
Voci isolate, si potrà replicare. Ma intanto nel web le voci, anziché anticamorra, anti carabinieri o anti polizia, si fanno sentire con vigore, nel silenzio degli onesti. Su Facebook, nasce la comunità Davide Bifolco. Mentre la madre del giovane, forse nella concitazione comprensibile del dolore iniziale, affermava di “voler vedere il carabiniere marcire in carcere” (ma chissà se lo ha mai augurato con altrettanta veemenza a qualche cammorista). Speriamo che con il tempo trovi anche il tempo di interrogarsi sulle proprie colpe, chiudendosi in un dignitoso e doloroso silenzio. Ma è su Facebook che si esprime l’Italia migliore. Citiamo un commento a caso: “a leggere i commenti di chi ha il coraggio di dare ragione a quel carabiniere bastardo capisco perchè l’italia fa schifo: è un paese pieno di coglioni! come si fa a dire che il carabiniere ha ragione? da quando i carabinieri hanno diritto a sparare sui cittadini? non potevano intraprendere un semplice inseguimento? io spero solo che il fratello di davide trovi quel figlio di troia e lo massacri fino alla morte!” Per carità altre pagine Facebook, su una sorta di fronte contrapposto, superano qualunque ipotesi di imbecillità, come “Davide Bifolco un napoletano in meno, San Gennaro ha fatto la grazia”
Le voci di buon senso rimangono isolate.
Come quella di Giulia: “Ma la giustizia esiste a Napoli o siete uno stato a parte? E la coerenza? Non vi abbiamo mai visto sfilare in piazza o manifestare in questo modo ad un funerale, dopo che la camorra ha ucciso il figlio innocente di qualcuno, mentre invece se le forze dell’ordine uccidono accidentalmente un ragazzo che stava scappando (in compagnia tra l’altro di pregiudicati e latitanti, per di più con un motorino rubato, in 3 sullo stesso e senza casco) tutti in piazza a gridare conto lo stato e ad assaltare auto ed edifici!!!”
Anzi sono oggetto di scherno e di attacchi di ogni genere.
Uno per tutti: “Giulia B. ma ki cazzo ti ha kiesto di aderire a qst pagina e di farci sapere il tuo commento del cazzo?!? pensa alla tua di famiglia ai tuoi figli ai tuoi problemi e facci la cortesia di uscire dal gruppo!!! Grz!”
Per il carabiniere ci sarà un processo e sarà la magistratura a stabilire se ha sbagliato, quanto ha sbagliato e quale sarà il suo destino. E per la famiglia ci sarà un risarcimento assicurato comunque dallo Stato.
Al momento ci sono altri colpevoli: la famiglia, le istituzioni e la società che non sono in grado di assicurare il rispetto e la cultura della legalità a queste nuove generazioni. Quella stessa società che oggi manifesta e protesta, regalando ancora emozioni alle mafie, perdendo così un’altra occasione per dimostrare di essere una società matura.
Manifesta e protesta contro gli unici baluardi della democrazia di questo paese e non certo per ottenere una giustizia che comunque, inesorabilmente, ci sarà.
Di Angelo Jannone
D.E.