La Capria: «Quasi mai si va in piazza quando a uccidere è la camorra»

la capriaLo scrittore: «L’avversione verso lo Stato nasce dalle disuguaglianze atroci e infami». Eppure «chi è contro i tutori dell’ordine non sa di essere contro i propri interessi»

NAPOLI — «Napoli è una città complessa, non una città compatta. È divisa in mille settori separati a volte da distanze incredibili. Posso dirlo io che a suo tempo sono stato accusato di essere un suddito del reame di Posillipo, e in quanto tale qualificato come uno che non conosce la città».
Raffaele La Capria incomincia così la sua breve riflessione intorno a un tema sul quale gli è capitato più volte di soffermarsi. Stavolta, l’occasione per parlarne è delle più infelici, perché sullo sfondo c’è la rabbia di cui ribolle il rione Traiano dopo la morte del ragazzo Davide Bifolco. Eppure, anche in un momento così, lo scrittore non vuole rinunciare a una considerazione in positivo. «Oltre che fattore di incomunicabilità», dice infatti, «questa infinita varietà può rappresentare una ricchezza. Per quanto mi riguarda come scrittore, mi basta pensare agli infiniti modi che Napoli ha di entrare nella sua proverbiale “bella giornata”. Certo, le divisioni tra quartiere e quartiere, tra ceto e ceto, a Napoli possono essere incredibilmente forti. Ma questi diversi e quasi polari modi di proporsi, e queste difficoltà insormontabili di entrare in relazione,oltre che una forza disgregante possono essere, lo ripeto, anche una forza viva. Possono essere fautrici di forme di intelligenza e di adattamento che aiutano il formarsi delle persone, e plasmano la loro capacità di vivere nel mondo».

In queste ore, però, alla luce di quello che è successo, è davvero difficile cogliere questa possibile piega in positivo di cui stai parlando.

«Dovunque, in Italia, c’è una forte avversione per lo Stato. Non solo a Napoli. Ed è un’avversione che nasce dalle disuguaglianze, che sono veramente atroci e infami, veramente insopportabili. E partono dall’alto, perché quelli che stanno in alto danno un esempio pessimo, e di tutto questo disagio non sembrano nemmeno accorgersi. Pensa alle pensioni: in Italia, di quasi tutte quelle sopra i cinquemila euro mensili sono titolari i politici. E, insomma, tutto questo genera un’avversione. Che a Napoli è più forte, e ha risvolti tragici».

Perché?

«Perché, vedi, tutta la meccanica di quello che è accaduto dovrà essere valutata dalla giustizia. Ma intanto c’è un pregiudizio, ed è quello di pensare che il vero avversario sia il tutore dell’ordine. È contro di lui che si dirige l’emotività della gente. Se le stesse dimostrazioni di rabbia si scatenassero anche quando qualcuno viene ucciso per opera della criminalità, sarebbe meglio. Ma non avviene quasi mai. Ci sono, insomma, due pesi e due misure. Il problema è che chi è contro i tutori dell’ordine non si rende conto di essere contro i propri stessi interessi. E mai potremo dire di avere una società pacifica fino a quando resisterà questo atteggiamento».

Ma come mai non riusciamo a venirne fuori?

«Primo: perché ci hanno abbandonato a noi stessi. Secondo, perché non ci viene mai offerta un’occasione capace di destare una speranza per il futuro. Risultato: abbiamo una città, unica nel suo genere, che continua a portarsi dietro il suo passato, che in molti chiamano arretratezza. E il guaio è che nei tempi moderni, in questi tempi di orrenda omogeneizzazione, certe volte questo passato o questa arretratezza pare addirittura migliore dei vantaggi offerti dalla modernità».

Dopo l’uccisione di Davide, sul web si sono sprecate le analisi negative, quelle dei tanti che, in Italia e altrove, ormai considerano quello di Napoli un caso disperato, di cui non vale quasi più la pena di occuparsi…

«Beh, è sempre facile credere che qualcun altro sia responsabile di tutti i guai che abbiamo. E quale capro espiatorio si presta meglio allo scopo di Napoli? Per me questa è la spiegazione; e, del resto, molto spesso siamo noi stessi ad alimentarla, e perfino a compiacercene. La sai la barzelletta delle due vecchiette sull’autobus?»

No.

«In un autobus napoletano molto affollato salgono due giovinastri. Uno dei due si fa largo e grida: Fermi tutti, è un rapina! In fondo all’autobus ci sono due vecchiette, e una delle due, a bassa voce, dice all’altra: Me so’ pigliata ’na paura! Me penzavo ca era ’o cuntrullore!».
Fonte: Corriere del Mezzogiorno