Uccise e smembrò un amico, ma il “porno-killer” si ritiene «non colpevole»

image (4)Il canadese Luka Magnotta ha ammesso ieri in tribunale a Montreal di aver ucciso lo studente cinese Jun Lin e di avere spedito alcune parti del corpo ai principali partiti politici canadesi e ad alcune scuole, ritenendosi però «non colpevole»; il suo avvocato, però, ha detto che il 32enne Magnotta sarebbe schizofrenico e dunque «non penalmente responsabile».

Secondo l’accusa ci sarebbero prove che Magnotta avrebbe iniziato a progettare di uccidere una persona e di filmare tutto «almeno 6 mesi prima» dell’omicidio, avvenuto a Montreal e scoperto nel giugno del 2012: una sua mail su questo sarebbe stata spedita a un giornalista nel 2011 e sarebbe, secondo il procuratore Louis Bouthillier, «la dimostrazione che progettava di uccidere un essere umano».

Magnotta è accusato di omicidio di primo grado, di diffusione di materiale pornografico e di vilipendio di cadavere: avrebbe smembrato la sua vittima appunto spedendone parti a partiti politici canadesi e a 2 scuole elementari.

L’1 giugno del 2012, nel cortile di un edificio di Montreal era stata trovata una valigetta contenente un torso umano; al macabro ritrovamento era seguito quello di altri 2 pacchi , con all’interno una mano e un piede appartenenti allo stesso corpo, inviati alle sedi di alcuni partiti a Ottawa. Magnotta era stato poi arrestato a Berlino, mentre in un Internet Point stava leggendo online di se stesso, e con gli agenti aveva ammesso: «Sono io l’uomo che cercate».

Ieri il difensore dell’uomo, l’avvocato Luc Leclair, ha riferito che a Magnotta nel 2012 era stato diagnosticato un disturbo di personalità borderline e che altri psichiatri gli avevano diagnosticato la schizofrenia.

Adesso starà alla giuria decidere della sua sorte processuale: alle 8 donne e 6 uomini che la compongono dovrebbe anche essere mostrato il video, presumibilmente realizzato da Magnotta, in cui lo si vede uccidere il cinese Jun Lin con un punteruolo da ghiaccio e un coltello. Ieri il padre della vittima, Diran Lin, era in aula, e ci resterà per tutta la durata del processo, stimata in un paio di mesi: «Vuole sapere come è successo, quello che è successo a suo figlio – ha detto l’avvocato Daniel Urbas – quando è successo e soprattutto perché».

Genova, 30 settembre 2014
Fonte il Secolo XIX
A.L.