Graziadei assolto in appello: “Non uccise la compagna”

Giudice giustiziaIn primo grado era stato condannato a 21 anni per la morte della farmacista Paola Carosio. Una perizia medica lo scagiona: “Fu suicidio”

In primo grado fu condannato a 21 anni; in appello è stato assolto. E’ la storia giudiziaria di un’ingegnere, Germano Graziadei, 45 anni, accusato di essere responsabile della morte della sua compagna, una farmacista coetanea, Paola Carosio, trovata morta sul pavimento del bagno della loro villetta a Nervi la notte dell’11 dicembre 2010.

La perizia medico legale compita quattro anni dopo per conto dei giudici di secondo grado, scagiona l’imputato e dimostra che la morte della farmacista non fu un omicidio, ma un suicidio

“L’accusa di aver ucciso la mia compagna, alla quale ero molto legato, è stata una grande sofferenza”, ha detto Germano Graziadei dopo la lettura del verdetto.

“Ho un dispiacere grandissimo nei confronti dei familiari di Paola. Condivido il loro dolore”. E prosegue: “Prima di tutto perché hanno sofferto come me e poi perché avevamo un rapporto ventennale e ci siamo trovati in un’aula di giustizia gli uni contro gli altri”.

Graziadei non intende festeggiare la sua assoluzione: “Non stapperò una bottiglia di champagne – ha detto – spero solo di poter riprendere la mia vita e tornare a lavorare. In questi anni ho studiato molto per tenermi aggiornato e, come ingegnere edile, dovrei riprendere a viaggiare, ad andare nei cantieri”.

Lui l’aveva sempre detto che era innocente: “Io non c’entro; Paola era l’amore della mia vita. Non l’ho uccisa. Aveva già tentato di togliersi la vita in passato e, quella maledetta sera, ha tentato di nuovo con una pesante dose di psicofarmaci”.

I carabinieri avevano trovato la farmacista riversa a terra, tra il corridoio e la stanza da bagno, nell’appartamento in ristrutturazione che l’uomo possiede in via Buriano, una stradina che corre sotto via Somma, a Nervi.

Attorno al collo, la donna aveva una striscia di crine, di quelle che si usano durante la doccia. Una serie di indizi spinsero gli investigatori a sostenere che l’uomo, quella notte ubriaco, avesse colpito la sua compagna con un phon e poi l’avesse strangolata. Tesi accolta anche dai giudici di Corte d’Assise, ma sgretolata dalla seconda perizia medico legale e dalla sentenza dei magistrati di secondo grado.

Alla lettura della sentenza erano presenti anche i genitori e la sorella dell’accusato: “E’ stato un percorso triste e molto duro – ha riferito la mamma con le lacrime agli occhi – è stata veramente una lunga sofferenza”.

Fonte: Repubblica Genova

lc