Sparito in Questura un quadro del ‘500 attribuito a El Greco

Fra il 1995 e il 2005 un quadro sottoposto a sequestro è scomparso dalla Questura di Firenze, cui era stato affidato in custodia. E’ sparita anche l’expertise del grande critico d’arte Roberto Longhi, che era chiusa in cassaforte negli uffici di via Zara. Per cui è assai difficile che l’opera sia andata smarrita. E’ molto più verosimile che sia stata rubata. Ma, guarda caso, le indagini non hanno portato a niente.

L’opera perduta era una Adorazione dei Magi, un olio su tavola di 47 x 53 centimetri, risalente alla fine del Cinquecento. Il 5 maggio 1960 era stata esaminata da Roberto Longhi, che scrisse: “Essa rientra nel gruppo delle opere di carattere decorativo e industriale che la critica moderna riferisce alla primissima attività di Domenico Tehutocopuli a Venezia, quando egli si limitava ad eseguire in tecnica bizantineggiante, tradizionale nelle botteghe cretesi-veneziane, le composizioni dei cinquecentisti veneziani”. Dominikos Theotokopulos, nato a Creta nel 1541, attivo dal 1577 a Toledo, morto nel 1614, è niente meno che El Greco, celebre pittore del quale quest’anno ricorrono i 400 anni dalla morte, e le cui opere della maturità raggiungono quotazioni da capogiro. Il 4 luglio 2013 il suo “San Domenico in preghiera” è stato battuto all’asta a Londra da Sotheby’s e aggiudicato per 9,1 milioni di sterline (circa 10,7 milioni di euro).

Si comprende quindi quale danno abbia subìto la proprietaria dell’opera perduta, la signora Angela Sassu Pandolfo. Al danno si aggiunge ora la beffa, perché lo Stato, che deve risarcirla, mette in dubbio la expertise di Longhi, sebbene egli sia ritenuto uno dei massimi esperti al mondo dell’opera di El Greco. Gli studiosi incaricati in sede di giudizio di appello di stimare l’opera, potendola peraltro esaminare solo su una riproduzione fotografica di scarsa qualità (la sola cosa che è rimasta), fanno a gara a valutarla al ribasso. Il professor Massimo Bernabò, incaricato dalla Avvocatura dello Stato, ha scritto nella sua relazione che tutte le attribuzioni a El Greco di Longhi sono oggi da ritenersi infondate. Nella sua perizia, depositata il 10 settembre scorso, la dottoressa Elisabetta Mignoni, consulente tecnico d’ufficio per la Corte di Appello, dopo aver premesso che la riproduzione fotografica, di scarsa qualità, non le ha consentito di capire “se la staticità della tavola fosse dovuta all’imperizia del pittore o a quella di un maldestro restauratore”, l’ha comunque attribuita a “un anonimo Madonnaro cretese-veneziano” e ha riconosciuto alla proprietaria un risarcimento di 25 mila euro.

Nel ’94 la Adorazione dei Magi era stata venduta per 250 milioni. Dubbi sulla sua autenticità erano insorti poco dopo. Fu la stessa signora Pandolfo a consegnare il quadro in questura il 15 maggio ’95. Ma al termine del processo di primo grado, il 19 novembre ’94 (nove anni dopo!), l’accusa di vendita di opera falsa è caduta. Il giudice Federico Boscherini ha ritenuto “generica” ma autentica la expertise di Longhi e ha scritto: “Non si può fare a meno di notare che si tratta comunque di un dipinto che è stato oggetto di successive compravendite sempre regolarmente documentate e nessun elemento consente di affermare la malafede degli imputati in relazione a tali compravendite”. La sentenza non è stata appellata ed è passata in giudicato. Il 6 luglio 2005 il giudice Boscherini ha disposto il dissequestro dell’opera. Ma quando la signora ne ha chiesto la restituzione, in Questura non l’hanno trovata. La signora ha atteso ancora due anni, sperando che le ricerche andassero a segno. Poi, avendo ormai perso ogni speranza, ha chiesto un congruo risarcimento allo Stato. Ma ancora una volta si è sentita presa in giro. La causa civile, avviata nel 2007, si è chiusa in primo grado il 9 luglio 2013 (sei anni dopo!). Il 5 giugno 2012 l’Avvocatura dello Stato aveva messo a verbale un’offerta transattiva di 250 mila euro. La signora Sassu, “edotta – come ha scritto il suo legale, Luigi Seghi – dei tempi siderali cui deve soggiacere la parte che oggi cerchi giustizia”, accettò immediatamente. Ma l’Avvocatura dello Stato fece marcia indietro, sostenendo che per errore l’offerta era stata quantificata in 250 mila euro, mentre era di 25 mila. Tanto quanto poi stabilito dal giudice Primavera e ora ribadito dal consulente della Corte d’Appello. La sentenza di secondo grado non è stata ancora pronunciata. Ma intanto vale l’amaro commento dell’avvocato Seghi nel suo atto di appello: “La vicenda induce più di una riflessione sulla situazione in cui versa questo strano Paese in cui ci tocca di vivere. Abbiamo amministrazioni dello Stato che perdono le cose sequestrate, che si rifiutano di risarcire i malcapitati, che offrono somme a ristoro salvo poi, a transazione conclusa, asserire che l’offerta era stata fatta per errore (o per chiasso!). Insomma ne esce un quadro desolante”.

Firenze, 6 ottobre 2014
Fonte Repubblica
A.L.