Si parla moltissimo dell’unificazione delle forze di polizia, ciascuno propone la sua ricetta, altri osteggiano qualsiasi tipo di cambiamento, altri ancora si disinteressano perché in fondo chi lavora davvero ogni giorno, semplicemente per fare il proprio dovere, poco gli interessa con che giubba dovrà farlo.
Non è però un argomento facile né di semplice risoluzione, modificare l’attuale assetto delle nostre forze dell’ordine in qualsiasi modo la vogliate mettere scardina e modifica dei rapporti di forza importanti sul piano della gestione della democrazia.
Da qualche giorno appare accreditata una proposta, dalle attuali 5 Forze di Polizia (Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri, Corpo Forestale dello Stato, Guardia di Finanza e Polizia Penitenziaria) si scenderebbe di fatto a 2 corpi unici.
La Polizia Penitenziaria insieme ai Forestali inglobati nella Polizia di Stato mentre la Guardia di Finanza si vedrebbe assorbita nell’Arma dei Carabinieri.
Una soluzione di compromesso che di certo non può soddisfare la reale ratio del progetto ossia l’effettivo risparmio per la collettività.
Nella riforma, per assurdo, non si capisce per quale motivo non si prendono in considerazione le Polizie Locali (Municipali e Provinciali) che di fatto assolvono a tutto tondo a moltissimi compiti propri delle polizie generaliste.
Agli Agenti di Polizia Locale già da tempo dovrebbe essere riconosciuta una specificità, che sulla carta non hanno, e che non possono ancora e per l’ennesima volta essere ignorati anche in virtù di una sempre maggiore integrazione nel sistema.
Per loro si parla di una generica confluenza delle Polizie Provinciali in quelle Municipali ma non si delineano ad esempio specifiche competenze che eviterebbero le tanto decantate sovrapposizioni che sino ad oggi si continuano ad avere.
Non parliamo poi della logica applicata a tale ed epocale riforma; non si comprende ad esempio perché la Polizia Penitenziaria debba essere integrata nella Polizia di Stato.
Il mondo delle carceri è da sempre così “esclusivo” da necessitare una formamentis completamente diversa da chi opera con compiti di polizia preventiva sul territorio che certamente possono essere comuni, ad esempio a un Corpo Forestale dello Stato ma non a chi opera dentro le strutture carcerarie.
La specificità dei compiti che vengono assolti all’interno delle carceri difficilmente può essere sovrapponibile a ciò che fanno i questurini.
In un ottica di piena integrazione saremo pronti a far transitare i gli Agenti Penitenziari nelle Questure e viceversa?
Non è certamente un problema per la Polizia di Stato aggiungere alle specialità già presenti (Postale, Ferroviaria, Comunicazioni etc) anche quella Ambientale ma perché non acquisire a questo punto anche la Polizia Finanziaria e quindi inglobare anche la Guardia di Finanza?
La spiegazione, tanto semplice quanto disarmante, è che la GdF è un corpo militare e basta questo per poter essere associata all’Arma dei Carabinieri, i militari per eccellenza, quella che fu sino a qualche anno fà la prima Arma dell’Esercito.
Stellette con stellete, nemmeno stessimo giocando a scopa, ragionamento senza dubbio ineccepibile ma cosa vogliamo davvero preservare di questo progetto di riforma e razionalizzazione delle forze dell’ordine?
Vogliamo mettere davanti il risparmio o forse è meglio mantenere quella dualità, quel doppio binario, dove civili e militari si controllano a vicenda?
Vogliamo forse ancora rimandare la sindacalizzazione dei corpi di polizia ad ordinamento militare perché necessario è per questo sistema mantenere degli uomini con meno diritti ma più inclini ad accettare ordini e sacrifici?
Vogliamo davvero il risparmio o in fondo vogliamo, come al solito, cambiare tutto per non cambiare nulla?
Chi sperava nell’unificazione vera, quella tra Polizia e Carabinieri, l’unica che avrebbe davvero avuto senso e portato vero risparmio dovrà ancora aspettare, e tanto, perché questo paese evidentemente ha ancora troppa paura della sua storia.
By Spirit of the Night
Roma, 16 ottobre 2014
DE
troppi galli a cantare è l’alba non spunta mai,in parole povere non si farà una beata minchia.