Un presidente più tonico che mai ha lanciato la sfida al Partito Repubblicano, presentando al Congresso una proposta di bilancio di 4mila miliardi. Il “no” del GOP condizionerà la sfida per la prossima presidenza
Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, è ormai libero dalle catene del consenso elettorale e appare più rilassato che mai davanti agli schermi televisivi. Il prossimo anno, infatti, lascerà la Casa Bianca per sempre e, apparentemente, non ha più nulla da chiedere al Congresso. Ma Obama, archiviati in parte i disastri compiuti in politica estera, vuol essere ricordato dagli americani come il presidente che ha portato il Paese fuori dalla recessione verso una nuova crescita, e che ha rafforzato i diritti di tutti i cittadini, puntando per tutto sulla middle-class americana.
Questo è sempre più vero ogni volta che l’esecutivo presenta la proposta di bilancio al Congresso. È accaduto anche stavolta e significativamente in quel testo non sono poche le novità che Obama vuol far votare alle Camere in Campidoglio. Per tentare di far approvare le sue proposte, Barack Obama ha incardinato ai propri anche molti temi cari ai repubblicani sui quali, scommette il presidente, il Congresso “non può dire di no”. Un esempio? Il cuore delle proposta di bilancio Obama è una tassazione del 14% sui guadagni che le grandi aziende hanno accumulato all’estero, in quegli arcinoti “paradisi fiscali” dove, secondo il governo, sono conservati ben 2 miliardi di dollari di profitti delle multinazionali che sfuggono alla tassazione americana, incidendo negativamente sui contribuenti.
Lo scopo di Obama è chiaro: far pagare di più ai ricchi per garantire maggiore equità anzitutto fiscale, da cui deriverà più equità sociale. Un gran numero di aziende, infatti, le più importanti d’America (tra cui Apple, GE e Microsoft), sfuggono ai controlli degli uomini delle tasse, nascondendo i profitti all’estero, in conti off-shore, ed evitando così di pagare il 35% di aliquote fiscali, secondo la tassazione vigente negli USA. Con questa proposta, Obama punta a raccogliere ben 238 miliardi di dollari.
Lo scopo di Obama è chiaro: far pagare di più ai ricchi per garantire maggiore equità fiscale…..
Che il presidente sia intimamente legato ai temi sociali è noto e la sua politica interna lungo questi sette anni lo ha ampiamente dimostrato. Aver perso progressivamente il controllo del Congresso ha però reso inefficaci tali politiche e messo in un angolo le linee guida della sua presidenza. Per questa ragione, non molti credono nel buon esito della proposta che verrà votata dal Campidoglio. Ciò nonostante, Obama ha legato al progetto un maxi-piano d’investimenti in infrastrutture e nello sforzo bellico contro lo Stato Islamico, che sono due cavalli di battaglia del Grand Old Party.
Il governo propone, infatti, 478 miliardi d’investimenti in opere pubbliche (autostrade, ponti, ferrovie, metropolitane), metà dei quali sarebbero finanziati proprio con il denaro recuperato dalla nuova tassa, e 58 miliardi per finanziare le operazioni militari all’estero. Di questi, 8,8 miliardi sarebbero destinati a combattere lo Stato Islamico: circa 5,3 miliardi dollari al Dipartimento della Difesa, per finanziare gli attacchi aerei e rafforzare l’esercito iracheno, altri 3,5 miliardi dollari invece indirizzati al Dipartimento di Stato. Allo spazio, invece, sarebbero destinati poco più di 2,5 miliardi per la gestione dei satelliti. Il budget totale della proposta contenuta nella legge di bilancio, in ogni caso, è da capogiro: 4.000 miliardi di dollari. “Possiamo permettercelo”, dice il numero uno della Casa Bianca, consapevole del grande balzo in avanti compiuto dall’economia americana nell’ultimo anno, che lo rende più che mai sicuro di sé.
L’Amministrazione Obama sostiene che i vari tagli di spesa e gli aumenti delle tasse dovrebbero diminuire il deficit americano di circa 1.800 miliardi dollari nei prossimi dieci anni, mantenendo il debito a livelli gestibili (secondo un calcolo, il disavanzo salirebbe a 687.000 milioni di dollari nel 2025). Come si comporterà il GOP è facile prevederlo. Ciò nonostante Barack Obama ha delineato quelle che dovrebbero essere le politiche del partito democratico da qui al prossimo decennio, anche e soprattutto al fine di condizionare la prossima sfida elettorale per la presidenza. Se l’eredità di Obama sarà un peso o un aiuto per il prossimo candidato democratico, lo scopriremo presto. Più o meno un minuto dopo il voto (negativo?) del Congresso americano.
4 Febbraio 2015
di Luciano Tirinnanzi