Identificate aree cerebrali coinvolte nella scelta di rinunciare a compensi ritenuti ingiusti. Direste di no a una somma di denaro “sicuro”? Può accadere e la scelta potrebbe anche stupirvi ma la fate lo stesso. Soprattutto se dietro c’è un’ingiustizia, qualcosa di iniquo. Gli esseri umani, e l’affermazione non è teologica bensì scientifica, tendono a rifiutare una ricompensa sicura se questa deriva da una spartizione squilibrata delle risorse, sia che l’ingiustizia riguardi sé stessi che gli altri. E perché si rifiutano ricompense sicure nel nome dell’equità, perché si sceglie di perdere comunque “capra e cavoli”? Quale significato evolutivo è legato a un comportamento apparentemente svantaggioso? Dietro c’è una specifica area cerebrale, individuata in una ricerca olandese partita però alla Scuola internazionale superiore di studi avanzati (Sissa) di Trieste. Anche se ci comportiamo in maniera identica nel far rispettare la giustizia in prima e in terza persona, però, uno studio appena pubblicato sulla rivista Social cognitive and affective neuroscience mostra che i network cerebrali al lavoro nei due casi sono diversi, e che un’area del cervello in particolare sarebbe cruciale nella percezione della giustizia in prima persona. Il lavoro è firmato Claudia Civai, oggi all’Università Radboud di Nimega in Olanda ma prima alla Sissa di Trieste dove ha cominciato lo studio. Hanno collaborato anche Raffaella Rumiati, responsabile del Neuroscience and Society Lab (iNSuLa) alla Sissa, e Carlo Miniussi dell’università di Brescia.
Negli esperimenti Civai e colleghi hanno utilizzato la tDCS, una tecnica di stimolazione “transcranica” che permette di disattivare temporaneamente (e in maniera sicura) un’area cerebrale, nei soggetti sottoposti a compiti, chiamati tecnicamente Ultimatum Game, con risposta secca rispetto all’accettare o rifiutare una certa somma di denaro, che veniva divisa con colui che la offriva. La divisione era stabilita dall’offerente e poteva essere equa (metà e metà) o iniqua (al ricevente spettava solo una porzione minoritaria della somma originale). Dice Civai: «Se l’uomo dovesse seguire un criterio perfettamente razionale dovrebbe accettare qualsiasi tipo di offerta, “qualcosa” è sempre meglio di nulla, e invece in caso di offerte inique la percentuale di rifiuti è molto alta». I circuiti cerebrali al lavoro in prima o in terza persona in questo tipo di situazioni sono diversi. «In studi precedenti – spiega Civai -, abbiamo osservato la stessa tendenza a rifiutare le offerte ingiuste sia che la decisione riguardasse il soggetto in prima persona che in terza. L’imaging cerebrale però suggeriva che il cervello lavorasse diversamente nelle due situazioni».
Con la tDCS i ricercatori hanno disattivato la zona del cervello che in esperimenti precedenti era stata individuata come cruciale in questo tipo di situazioni. Spiega la Civai: «La corteccia prefrontale mediale è un’area del cervello che dagli esperimenti precedenti avevamo individuato come cruciale in questo tipo di situazioni. L’abbiamo disattivata con la tDCS, mentre i soggetti eseguivano il compito».
E conclude, tirando le somme: «Non sappiamo ancora in che modo esattamente quest’area contribuisca alla percezione dell’ingiustizia rivolta al sé. Potrebbe aiutare nella comprensione dell’ingiustizia o amplificare l’intensità delle emozioni che si provano nell’essere trattati male, o altro ancora, ma ora siamo convinti che quest’area sia importante per quel che riguarda “l’amor proprio”».
14 febbraio 2015
Fonte Corriere.it (Mario Pappagallo)
ER