È il volume dei crediti attualmente non riscossi dalle imprese italiane Da Eni a Iveco, da Telecom a Salini e Sirti: in tanti adesso tremano. Le attività italiane in Libia sono a rischio. Lo ha affermato l’ambasciatore del Paese in Italia, Ahmed Safar, intervistato ieri dall’ Aki-Adnkronos International . Infatti, ha spiegato, le fazioni che mirano all’instabilità del Paese potrebbero non gradire il «ruolo equilibrato» svolto dall’Italia nello scenario di crisi. Un equilibrio che tuttavia, spiega Safar, «ha creato legami di fiducia tra l’Italia e i soggetti politici. Abbiamo apprezzato che l’ambasciata italiana sia stata l’ultima a restare aperta in Libia. Ci sono comunque timori che qualcuno possa creare, per motivi tattici, dei rischi per l’Italia. Bisogna essere molto attenti a valutare ogni mossa che può essere presa contro l’Italia». Tra i due Paesi è nota la solidità dei legami commerciali, giunta al culmine con il governo guidato da Silvio Berlusconi, che firmò nel 2008 a Bengasi un trattato di Amicizia e Cooperazione con il Colonnello Gheddafi. In quell’accordo, a parte il gravame di oneri finanziari per il nostro governo come sostanziale compensazione del periodo coloniale, si impostò un rapporto di partenariato economico fra i due Stati. Nello stesso anno l’interscambio commerciale italo-libico arrivò, secondo i dati del Ministero dello Sviluppo Economico, alla cifra record di 20,054 miliardi di euro. A parte una breve interruzione nel 2011, dopo la «primavera» che portò alla deposizione di Gheddafi, l’Italia è ha costantemente mantenuto il ruolo di principale interlocutore economico della Libia. Ed è chiaro come l’instabilità dell’area negli ultimi quattro anni abbia generato conseguenze amare per le imprese italiane, tanto che oggi ammonta a 11 miliardi di euro l’interscambio complessivo (sempre meglio del 2011, anno della rivolta, quando toccò la quota più bassa di 4,583 miliardi, -69%) e nel 2013 arrivarono a circa un miliardo di euro i crediti non riscossi. E da una media di circa 250 aziende iscritte alla Camera di commercio Italo Libica si è scesi solo ad un centinaio. Il presidente dell’organismo, Giancarlo Damiano, in un’intervista dello scorso dicembre al sito Lookout News ha spiegato: «Viviamo un forte disagio, le interrelazioni governative sono limitate, mancano punti di riferimento certi e da parte degli interlocutori libici non c’è la possibilità di fissare una road map per far ripartire l’economia del Paese». Questo stato di cose, spiegò Damiano, pesa sui «grandi player come Eni, Iveco, Fiat e Telecom, ma soprattutto su quelle piccole e medie imprese che in Libia operano principalmente sui settori dell’energia, dell’agroalimentare, della meccanica e della metalmeccanica, del manifatturiero e dell’abbigliamento». Il precipitare degli eventi, dunque, ha compromesso una situazione già molto difficile dopo i fatti del 2011. Il settore energetico è stato, da sempre, il terreno di maggiore «conquista» italiana in Libia. L’Eni è presente nel Paese dal ’59. Nella zona con maggiori tensioni, ad Est, conta solo il giacimento di Bu Attifal, e gli altri li ha istallati principalmente nella zona Ovest. La produzione del petrolio in Libia, secondo gli analisti, è scesa dai 300-350 mila barili al giorno di fine 2014 ai 180 mila delle ultime settimane. Nonostante questo, però, né l’Eni né le compagnie straniere presenti sul territorio hanno subito dei contraccolpi significativi. Anche l’Ansaldo Sts, del gruppo Finmeccanica, ha operatività in Libia. Nel 2009, infatti, si è aggiudicata una commessa da 541 milioni di euro per realizzare i sistemi di segnalamento, i relativi, connessi impianti di telecomunicazione sulla linea costiera Ras Ajdir-Sirt e l’altra linea, più all’interno, Al Hisha- Saba. Quanto alla Salini Impregilo, nel 2013 si è aggiudicata la realizzazione di 400 km di autostrada. Una commessa di 963 milioni di euro di valore per muovere una forza lavoro di duemila persone. Quanto a Sirti, leader nell’impiantistica e nella tecnologia di rete, è presente in Libia dagli anni ’80 e all’azienda si deve la realizzazione della rete in fibra ottica nel Paese, interrotta negli eventi bellici del 2011 e ripresa nel 2012. Recentemente, nel Paese Sirti ha vinto una gara d’appalto dal valore di un milione di euro.
17 febbraio 2015
Fonte IlTempo (Pietro De Leo)
ER