Le gomme Pirelli parleranno cinese. Domenica sera è stato firmato l’accordo che prevede l’ingresso del colosso chimico ChemChina nella società leader del settore degli pneumatici e che porterà il gruppo controllato dal governo di Pechino a detenere la maggioranza dell’azienda italiana. Un accordo che per il numero uno della Bicocca, Marco Tronchetti Provera, “rappresenta una grande opportunità per Pirelli”. Il manager risponde di fatto alle critiche dei sindacati all’operazione sostenendo che “l’approccio al business e la visione strategica” dei soci cinesi “garantiscono lo sviluppo e la stabilità di Pirelli”.
La nota con la quale Camfin (la scatola che possiede il 26,2% di Pirelli e fa capo a soci italiani – Tronchetti Provera in testa, con Intesa e Unicredit – e ai russi di Rosneft) conferma l’impianto che era emerso nei giorni scorsi. Tra le novità, spunta un vincolo all’italianità dell’azienda: per poterne spostare il quartier generale e determinare “il trasferimento a terzi della proprietà intellettuale di Pirelli” sarà necessaria una maggioranza rafforzata che superi il 90% del capitale.
Complessi i passaggi tecnici. In primo luogo, Camfin venderà la sua partecipazione in Pirelli a una società di nuova creazione (una ‘newco’), partecipata dai cinesi, re-investendo parte dei proventi incassati. Per questa transazione si conferma il prezzo di 15 euro per azione, che significa un totale di 1,9 miliardi. A garantire il finanziamento necessario sarà Jp Morgan e si prevede di chiudere questo primo passaggio, subordinato alle consuete autorizzazioni, l’estate 2015.
Nella società di nuova costituzione, Camfin reinvestirà parte dei proventi della vendita del suo 26,2%, arrivando al massimo al 49,9% del capitale. Sarà ChemChina a “controllare e consolidare” la ‘newco’, non scendendo mai sotto il 50,1%.
A seguire, si procederà al delisting dell’attuale Pirelli, che dovrebbe tornare ad essere quotata in un secondo momento (il potere di decidere spetterà a Tronchetti Provera), entro quattro anni. La newco intende lanciare un’Offerta obbligatoria a 15 euro per azione sul restante capitale di Pirelli. Prevista anche un’Opa volontaria sulle azioni risparmio, sempre a 15 euro, con l’obiettivo di arrivare almeno al 30% del capitale risparmio per procedere al delisting.
A valle dell’operazione, se l’adesione all’Offerta sarà al livello massimo, ChemChina si ritroverebbe al 65% della newco, con gli attuali soci al 35% (diviso tra un 22,4% agli italiani e un 12,6% a Rosneft).
Se l’operazione dovesse andare a buon fine, cioè Pirelli salutasse Piazza Affari, ci sarebbe anche un cambio di governance: 16 consiglieri (dagli attuali 15), otto dei quali a nomina di ChemChina e otto a nomina dei soci russi e italiani. In caso di divergenze, il peso asiatico sarebbe maggiore visto che al presidente è affidato un voto ‘doppio’ se il board è spaccato a metà. Come atteso, gli azionisti si impegnano in un lock-up di cinque anni sulle azioni della ‘newco’: ChemChina non potrà alienare i titoli, a meno che entro il limite del 14,9% (purché non scenda in minoranza) e sottoponendo alle controparti la scelta dei nuovi investitori.
Dal punto di vista industriale, l’accordo prevede anche le attese evoluzioni nel settore degli pneumatici industriali: questi saranno integrati con la società quotata Aeolus, partecipata da ChemChina, per “raddoppiare i volumi del business” di camion e trattori “da circa 6 milioni a 12 milioni di gomme”.
di LUCA PAGNI e RAFFAELE RICCIARDI
Fonte Repubblica
Milano, 22 marzo 2015