Si è svolta ieri a Caltanissetta la seconda udienza di uno dei numerosi processi che vedono sul banco degli imputati Massimo Ciancimino. Nel caso specifico il cosiddetto “superteste” si ritrova imputato, tanto per cambiare, di calunnia ai danni di Gianni De Gennaro e del funzionario dei servizi Lorenzo Narracci. I difensori di Ciancimino hanno cercato di far spostare il processo a Bologna, dove il loro assistito sarà fra un mese di fronte al giudice dell’udienza preliminare, imputato sempre di calunnia nei confronti di un altro funzionario dei servizi. Logico che di fronte al proliferare dei processi la difesa cerchi di unificarli il più possibile per ridurre il rischio di una condanna che avrebbe riverberi disastrosi sul processo principale, quello sulla “trattativa” che si svolge a Palermo. Il giudice ha però respinto l’istanza, anche perché la vicenda di Bologna è molto circoscritta e situata in un tempo diverso. Dunque questo processo di Caltanissetta diviene parallelo a quello di Palermo, anche nelle dimensioni, perché il giudice ha ammesso oltre duecento testi richiesti dalle parti. Fra essi, Silvio Berlusconi, Gianni Letta, Roberto Maroni e Angelino Alfano. Inoltre il capo della polizia Alessandro Pansa, Luigi Bisignani e Massimo D’Alema, come ex presidente del Copasir. E poi l’attuale presidente del Senato Pietro Grasso, l’ex procuratore di Palermo Messineo e l’ex pm Antonio Ingroia. Oltre a Luciano Violante, Bruno Contrada e i pentiti Mutolo, Di Carlo, Siino e Spatuzza. L’effetto matrioska si dilata e sembra non più governabile come un gigantesco blob.
di Massimo Bordin
Roma, 25 marzo 2015