Parla Adinolfi, comandante in seconda della Guardia di finanza.
«Queste cose non dovrebbero accadere in un Paese civile». Michele Adinolfi, comandante in seconda della Guardia di finanza, è arrabbiato: perché le sue telefonate private con Matteo Renzi sono finite sui giornali; perché gli vengono attribuite frasi mai pronunciate; perché l’inchiesta che ha consentito ai pm partenopei di intercettarlo, prima di essere archiviata, ha provocato un polverone.
Generale Adinolfi, le sue chiacchierate col premier ora sono di dominio pubblico.
«Mi chiedo come sia possibile e se si tratta di un attacco all’istituzione della Guardia di Finanza oppure al singolo. Stiamo parlando di un’inchiesta archiviata che si è tradotta in un attacco virulento».
Un’indagine che le è costata un avviso di garanzia e mesi di intercettazioni.
«Non c’era nessun rapporto tra me e la Cpl Concordia, la corruzione è stata totalmente esclusa, dunque il presupposto originario da cui tutto nasce è caduto. Tra l’altro parliamo di telefonate che nulla avevano a che fare con il reato ipotizzato. Nel corso dell’interrogatorio il magistrato mi ha detto “lo sappiamo che lei non c’entra nulla”. Un interrogatorio durato tre minuti. Intanto, però, le telefonate sono finite sui giornali facendomi apparire un mostro, un delinquente».
Pensavano che il «generale» presunto corrotto e assoldato per la bonifica degli uffici della Cpl fosse lei.
«E invece era un ex ufficiale dell’esercito. Io non c’entravo assolutamente nulla, com’è stato ormai accertato».
In quelle telefonate ed sms lei, Renzi e il suo braccio destro Luca Lotti, parlate di tutto, anche dell’ex premier Enrico Letta, che l’allora sindaco di Firenze definisce “incapace”, e dell’ex presidente Giorgio Napolitano, che qualcuno avrebbe tenuto sotto scacco.
«Francamente io una parte la riconosco, ma là dove il Fatto Quotidiano dice che il sottoscritto “sembra dire che il Capo dello Stato sarebbe ricattabile perché l’ex capo della polizia Gianni De Gennaro ed Enrico Letta ce l’hanno per le palle”, beh, io quelle cose non le ho mai dette. Quel “sembra dire” non capisco perché venga attribuito a me. Eravamo a pranzo io, Nardella (allora vicesindaco di Firenze, ndr) e Fortunato (ex capo di Gabinetto di Giulio Tremonti, ndr). Non capisco cosa ci sia di strano o di male ad andare a pranzo. Eppure questi colloqui vengono intercettati e poi riversati sulla stampa. Un banale pranzo tradotto in qualcosa di altamente criminale. Tra l’altro, se fosse stata una cosa grave, qualcuno mi avrebbe appioppato un reato. Ma dove sarebbe la gravità? Io non potevo parlare con Renzi che allora era il mio sindaco, visto che lavoravo a Firenze?»
Nell’sms inviato a Lotti lei si lamenta della proroga al generale della Finanza Saverio Capolupo.
«Ho semplicemente espresso la mia perplessità per una conferma di due anni alla guida della Finanza decisa sei mesi prima della scadenza del mandato. Mi sono solo chiesto il perché di un così largo anticipo».
Si è dato una spiegazione su quanto accaduto?
«Io non so a chi giova. Ma poi in danno di chi? Dell’istituzione? Del soggetto Michele Adinolfi? Di Matteo Renzi? Di certo queste intercettazioni hanno danneggiato la mia carriera».
Fonte Il Tempo
Roma, 11 luglio 2015