Il caso della Coop Concordia

fatto

Considerazioni di margine sull’esclusiva che ieri apriva la prima pagina del Fatto. Naturalmente si trattava di intercettazioni, telefoniche e ambientali. L’inchiesta è quella sulla Coop Concordia, che da Ischia si è notevolmente allargata. Primo personaggio il pm Woodcock, il cacciatore, secondo personaggio il generale della Guardia di Finanza Michele Adinolfi, la preda. Woodcock indaga il generale, lo intercetta e poi archivia. Le intercettazioni però restano e ieri si potevano leggere sul Fatto. Adinolfi telefona a Renzi, ancora solo segretario del Pd ma in procinto di subentrare a Enrico Letta a capo del governo. Il generale dà del tu al politico che ricambia. Sarò all’antica ma trovo la cosa sgradevole. I generali, specie della Finanza, dovrebbero dare del lei ed è meglio ricambiarglielo, non si sa mai. Renzi invece si sente in dovere di raccontare le sue strategie da cui si deduce che Napolitano premeva per lasciare il Quirinale. Al lettore del Fatto, all’epoca, era stata raccontata un’altra storia. L’intercettazione ambientale è in un ristorante, dove cenano insieme il generale e Dario Nardella attuale sindaco di Firenze. A far piazzare le microspie sotto il tavolo è stato il colonnello dei carabinieri De Caprio, ovvero il “capitano Ultimo” che arrestò Riina ma non ne perquisì il covo, con grande scandalo di Ingroia, Travaglio e Sabina Guzzanti.  Anche qui al lettore del Fatto qualcosa non torna. Può consolarsi verificando che a quel tavolo si parla di Napolitano e di suo figlio come negli articoli del suo giornale preferito.

 

di Massimo Bordin
Roma, 12 luglio 2015