L’infettivologo dello Spallanzani, Andrea Mariani, è indagato per omicidio colposo
Dal successo sull’ebola che era stata contratta dal medico di Emergency Fabrizio Pulvirenti, al processo chiesto dalla Procura per il decesso di un giovane di 26 anni, morto soffocato dall’ingrossamento dei linfonodi a causa di una mononucleosi. È la parabola di Andrea Mariano, infettivologo dell’equipe medica dello Spallanzani che s’impegnò con successo per sconfiggere la forma del virus mortale che ha fatto decine di migliaia di vittime in Africa. Una dedizione che, almeno secondo i magistrati, il sanitario – per il quale il magistrato ha chiesto il rinvio a giudizio insieme con il collega Ubaldo Visco Comandini, che però non faceva parte dello staff formato per assistere Pulvirenti – non avrebbe riservato a Jacopo Lucchetti, ricoverato per una mononucleosi ma morto – secondo l’accusa – per l’assenza di cure.
Entrato allo Spallanzani il 24 agosto del 2014, il ragazzo, infatti, cadde in coma due giorni dopo perché non riusciva più a respirare o a bere acqua. Il giovane spirò il successivo 5 settembre, dopo nove giorni trascorsi in Rianimazione. Una fine tragica che, secondo il pubblico ministero, i due medici avrebbero potuto evitare eseguendo una tracheotomia.
Una fine terribile, quella di Jacopo E la soluzione della tracheotomia avrebbe presupposto che il ragazzo venisse seguito accuratamente. E invece, come sottolineato dal consulente dell’accusa, nella cartella clinica è registrato un vuoto documentale nelle ventiquattro ore precedenti il coma: non risultano effettuate visite o monitoraggi della respirazione. Passaggi invece consigliati dai medici del Gemelli da dove proveniva il ragazzo, recatosi in quell’ospedale il 21 agosto per alcuni problemi alla gola. «La mancata attuazione di un approccio assistenziale adeguato – ha osservato il consulente del pm – ha probabilmente impedito… di intervenire tempestivamente al momento della crisi respiratoria»
1 novembre 2015
ER