“Si stanno muovendo”. Matteo Renzi sta preparando l’incontro con Angela Merkel per il 29 gennaio a Berlino e non sarà un passaggio diplomatico di circostanza. Germania e Italia si guardano con reciproco sospetto, la defenestrazione di Carlo Zadra, esperto giuridico, unico italiano presente nel gabinetto del presidente della Commissione Ue, è arrivata proprio per i contrasti con il capo della struttura, Martin Selmayr, tedesco, che aveva sfilato a Zadra ogni delega affidandole al britannico Michael Shotter. Un punto di rottura. “La politica a Bruxelles si fa così e lo scontro è con la Germania, non con Juncker” racconta una fonte che in queste ore lavora ai dossier della politica europea. Cosa ci sarà nella borsa di Renzi per Berlino? Ricostruiamo lo scenario e raccontiamo quali sono i piani del governo grazie una serie di note diplomatiche di cui Il Foglio ha conoscenza diretta.
Il fattore Olanda. L’Unione è entrata nel semestre di presidenza olandese, in piena continuità con quella lussemburghese, dunque in sintonia totale con Juncker, ombra a sua volta della cancelliera Merkel. Questa armonia si traduce in un blocco di voti dei paesi del nord e dell’est che con la locomotiva tedesca decide la politica europea. Seguire le mosse del premier belga Mark Rutte è fondamentale per capire come si muove il gruppo di testa.
Migrazione e Brexit. Sono temi che lasceranno il segno sul semestre olandese. L’Italia è impegnata in entrambi i dossier. Il nostro paese può far valere i risultati raggiunti nel controllo della frontiera sud e nelle operazioni di salvataggio in mare, i tempi di identificazione si stanno accorciando e sul Trattato di Dublino Renzi ha segnato un punto a suo favore: a marzo le regole verranno riscritte e i paesi esposti (Italia e Grecia) otterranno la cooperazione necessaria dall’Unione. Ora tocca a Roma portare sul tavolo della trattativa una proposta tecnica plausibile. Ci stanno lavorando il ministero degli Affari Esteri e quello dell’Interno. Il referendum sulla permanenza del Regno Unito nell’Ue in queste ore si è saldato ancor di più alla riforma dell’immigrazione. David Cameron sta tessendo la sua tela e il Brexit è come una pistola puntata sulla commissione. Cercare un link con gli inglesi è una mossa in linea teorica giusta. L’asse tra Renzi e Hollande non esiste, Parigi ha una sua agenda, condizionata dalla strage di Parigi, dall’emergenza sulla sicurezza interna e dalla durissima campagna dei socialisti per le presidenziali del 2017. Dunque si prova a viaggiare in tandem (instabile) con Londra. L’attenzione di Roma per il Brexit è grande, lo sherpa di Matteo Renzi per l’Unione europea, Marco Piantini, ex collaboratore di Giorgio Napolitano, sta intensificando i suoi contatti diplomatici e preparando un corposo dossier per il premier. I rapporti tra il nocciolo duro dell’Eurozona e gli altri paesi dell’Unione possono cambiare, Downing Street vuole ridistribuire il peso delle decisioni. L’Euro non basta, c’è la Sterlina e ci sono le altre monete e relative economie. L’idea è che fare sponda con Cameron possa dare Renzi la forza di spingere per una riforma della governance economica europea, tema che il presidente del Consiglio presenterà a Angela Merkel. La Germania, anche in questo caso, è l’avversario più temibile per l’Italia, la sottile diplomazia della cancelliera e dei suoi alleati è micidiale. E qui entra in gioco Manfred Weber, il capogruppo del Ppe, che mercoledì ha criticato Renzi durante una seduta dell’Europarlamento. Weber è la stella del CSU, vicesegretario del partito della Baviera guidato dal coriaceo Horst Seehofer, che nei primi giorni di gennaio ha lavorato di dritto e di rovescio con Londra fino a convincere Cameron a presenziare alla conferenza annuale della CSU a Wildbad Kreuth, in Baviera, il 7 gennaio scorso. Presente anche il primo ministro olandese Mark Rutte, presidente di turno dell’Unione. E’ la legge del Nord. Una tela di ragno glaciale. Neve, whisky e diplomazia.