“Con quale diritto i gay vogliono adottare un bimbo?”

Così Oriana Fallaci si scagliava contro le adozioni gay: “Le leggi dello Stato non possono ignorare le leggi della Natura”

FALLACI

Adozioni ai gay, oppure no. Natura e inseminazioni. Diritto dei bambini e desideri delle coppie omosessuali.

Il ddl Cirinnà entra nel vivo della discussione parlamentare, divide Aula e Paese. Un’Italia separata dal burrone difficilmente sanabile da una legge discutibile. Come raccontano i sondaggi, i contrari alle adozioni son ben più della minoranza che vuole “regalare” alle coppie “naturalmente infertili” l’affido di un bambino. Un’eventualità che anche Oriana Fallaci non aveva paura a definire irrazionale. Illogica. Figlia del mercato che permette di aquistare un bambino “come si compra un’automobile”. Proprio quello che succederà se la stepchild adoption contenuta nel disegno di legge sulle unioni civili diventerà legge. Incoraggiando, di fatto, il ricorso all’utero in affitto nei Paesi esteri che lo permettono.

“[…]Con quale diritto dunque, una coppia di omosessuali (maschi o femmine) chiede d’adottare un bambino? Con quale diritto – scriveva la giornalista in “Oriana Fallaci intervista a sé stessa. L’apocalisse” – pretende d’allevare un bambino dentro una visione distorta della Vita cioè con due babbi o due mamme al posto del babbo o della mamma? E nel caso di due omosessuali maschi, con quale diritto la coppia si serve d’un ventre di donna per procurarsi un bambino e magari comprarselo come si compra un’automobile? Con quale diritto, insomma, ruba a una donna la pena e il miracolo della maternità? Il diritto che il signor Zapatero ha inventato per pagare il suo debito verso gli omosessuali che hanno votato per lui?!? Io quando parlano di adozione-gay mi sento derubata nel mio ventre di donna. Anche se non ho bambini mi sento usata, sfruttata, come una mucca che partorisce vitelli destinati al mattatoio. E nell’immagine di due uomini o di due donne che col neonato in mezzo recitano la commedia di Maria Vergine e San Giuseppe vedo qualcosa di mostruosamente sbagliato. Qualcosa che mi offende anzi mi umilia come donna, come mamma mancata, mamma sfortunata. E come cittadina. Sicché offesa e umiliata dico: mi indigna il silenzio, l’ipocrisia, la vigliaccheria, che circonda questa faccenda. Mi infuria la gente che tace, che ha paura di parlarne, di dire la verità. E la verità è che le leggi dello Stato non possono ignorare le leggi della Natura.