Una terapia anti-cancro che potrebbe non solo sconfiggere la malattia, ma anche impedire che si ripresenti per anni, in maniera simile a quanto fa un vaccino. Se i primi risultati saranno confermati, porterà una rivoluzione lo studio firmato Irccs ospedale San Raffaele e università Vita-Salute San Raffaele, presentato a Washington in occasione del meeting annuale dell’American association for the advancement of Science (Aaas) e già pubblicato su ‘Science Translational Medicine’.
‘Soldati del sistema immunitario’. La ricerca si è concentrata sulle leucemie, ma gli esperti sono convinti che potrà essere applicata anche ad altre forme di cancro. L’obiettivo degli studiosi italiani per questo lavoro era selezionare dei ‘soldati scelti’ dal sistema immunitario, modificarli geneticamente in modo da trasformarli in laboratorio in un’armata di superkiller, in grado di riconoscere e uccidere selettivamente le cellule tumorali. “Ci siamo riusciti – assicura Chiara Bonini, vicedirettore della Divisione di immunologia, trapianti e malattie infettive del San Raffaele – . Negli ultimi 15 anni non ho visto tassi di remissione così alti in test clinici. Abbiamo individuato quali sono i linfociti con le maggiori probabilità di riuscire in questa impresa. Si tratta di cellule che costituiscono una specie di ‘farmaco vivente’. Abbiamo alte probabilità di creare un medicinale che potrebbe ridurre la probabilità di recidiva del cancro”.
Memory stem T cells. Nel loro lavoro i ricercatori hanno seguito 10 pazienti, all’epoca affetti da leucemia acuta, che avevano ricevuto a partire dal 2000 il trapianto di midollo osseo da donatore familiare parzialmente compatibile. La sperimentazione prevedeva l’infusione di linfociti T del donatore, modificati geneticamente con il gene “suicida” TK, con l’obiettivo di fornire ai pazienti un nuovo sistema immunitario, capace di combattere la leucemia e di difenderli dalle infezioni, e suscettibile di essere controllato selettivamente nel caso di complicanze.
La memoria immunologica. A distanza di anni da trapianto e terapia genica, i parametri immunologici sono risultati uguali a quelli di persone sane e di pari età. Davanti a questo primo esito positivo, il passo successivo è stato identificare quali cellule del sistema immunitario resistessero maggiormente nel tempo, andando a verificare quali di esse si ritrovavano dopo anni. A essere ‘promosse’, per la loro persistenza fino a 14 anni, sono state le memory stem T cells. “Se vogliamo che la risposta perduri nel tempo – spiega Chiara Bonini – occorre utilizzare cellule del sistema immunitario che abbiano le qualità per resistere, e nello studio abbiamo identificato i sottotipi con queste caratteristiche: sono le ‘memory stem T cells’ o staminali della memoria immunologica. Ogni linfocita T – prosegue Bonini – riconosce un antigene specifico su un’altra cellula, che sia un virus dell’influenza o della varicella, o un qualunque altro agente patogeno. Nel nostro organismo ci sono poi i linfociti T che riconoscono le cellule tumorali, ma sono molto rari, mentre un paziente ha bisogno di averne molti. Il nostro compito è proprio questo: somministrargli un esercito di linfociti T anticancro costruito da noi”.