Già nelle prime righe del rapporto dei Cavalieri di Colombo viene tirato in ballo il segretario di stato John Kerry: oggi tentenna, ma nell’estate del 2014 – si legge nel documento – proprio lui aveva detto che “la campagna di terrore dello Stato islamico contro gli innocenti, comprese le minoranze yazida e cristiana, e i suoi assurdi e mirati atti di violenza hanno tutti gli allarmanti segnali e le caratteristiche del genocidio”. L’Amministrazione Obama, fin da quando s’è posto all’ordine del giorno il problema di attribuire tale qualifica a quanto avviene nel vicino oriente, ne ha fatto una questione prettamente giuridica e di semantica. E sarebbe proprio il diritto a far propendere per l’accoglimento della soluzione “soft”: genocidio per gli yazidi ma non per i cristiani. Mancherebbero le caratteristiche previste dagli statuti internazionali. Ma è su questo punto – più che sulla lunga serie di testimonianze e di prove raccolte, di cui comunque il rapporto abbonda – che ha puntato Anderson, evidenziando, tabelle alla mano, che sia sotto il profilo della giurisprudenza federale sia sotto quello internazionale di genocidio si può parlare. “Vogliamo essere chiari”, si legge in conclusione al dossier: “Non chiediamo stivali sul terreno. L’obbligo di proteggere e punire richiede creatività e coraggio, ma quest’obbligo inizia con un approccio ai fatti dettato dal buon senso, chiamando la realtà per quello che è”.
Roma, 16 marzo 2016
fonte IlFoglio