In certi stati e aree si tratta, si negozia, si trucca il gioco con la mediazione politica, la blandizie, l’appartenenza e la logica di forza dell’apparato elettorale che se ne fotte dell’opinione elettorale, la aggira dove e come può. In questo ruolo Trump è impacciato, non sa muoversi, e ha appena rifatto la leadership della sua organizzazione di campagna imputando ai collaboratori di non aver saputo prevedere, prevenire, giocare all’attacco anche dietro le quinte.
E intanto grida alla corruzione contro un sistema rodato da sempre, il cui meccanismo era noto e stranoto quando The Donald è entrato in lizza, che è fatto per consentire che il partito trovi una maggioranza presidenziale nella Convention anche nei casi in cui nessun candidato arriva al numero magico.
Anche Bernie Sanders, altro outsider, mostra irritazione per le regole, ma con l’etereo stile di un demagogo progressista che punta agli spiriti animali dell’idealismo e del cuore giovane, poco sopra la pancia della folla incazzata. Online già potete sapere stamane se Trump ha vinto abbastanza per fottere le regole e prendersi il massimo dei delegati a New York, la sua cuccia, e se Bernie, questo Lula ancora non sperimentato al governo, ha avuto successo nel sequestrare il voto della città sacrificando alla nuova grottesca moda dell’anticapitalismo, che riemerge dalle ceneri del socialismo.
Ma guardate i dati con attenzione e sapienza: primarie e regole contano fino a un certo punto, sempre si tratta di spiriti animali.
Roma, 20 aprile 2016
fonte IlFoglio