“Senza dirle un c*** le metto il Cervidil, così si sbriga ad abortire” Nell’ospedale dell’orrore il medico fece abortire la sorella senza che lo sapesse…

Leggendo queste conversazioni il gip parla di una vera e propria strategia concordata fra i due medici, nonostante la ferma volontà di portare avanti la gravidanza espressa dalla donna e dal marito. Un piano che si concretizza nel somministrare a loro insaputa ed in un momento in cui il coniuge della gestante è distratto, un farmaco abortivo. «I due ginecologi – scrive il magistrato – erano a conoscenza della volontà della coppia di portare avanti la gravidanza ad ogni costo, pur nella consapevolezza di eventuali rischi. A tal fine Tripodi si accordava con un’altra collega, la dottoressa Manunzio Daniela, impartendole direttive circa la tecnica da adottare per somministrare alla sorella un medicinale che, unito all’ovulo che avrebbe somministrato il Saccà il giorno seguente, avrebbe causato l’aborto».

Insieme a loro, nei guai sono finite altre 8 persone. Sanitari operanti o già in servizio presso i reparti di Ostetricia e Ginecologia, di Neonatologia e di Anestesia del Presidio ospedaliero «Bianchi-Melacrino-Morelli» di Reggio Calabria, le accuse vanno dal falso ideologico e materiale, alla soppressione, distruzione e occultamento di atti veri nonché di interruzione della gravidanza senza consenso della donna. Ma questo è solo uno dei reati contestato agli undici, nell’ordinanza si parla di sistema collaudato. Le indagini su questo ennesimo scandalo della sanità sono partite da un indagine nei confronti di un clan malavitoso De Stefano di Reggio Calabria.

Il ruolo principale in questa inchiesta è svolto da un personaggio molto vicino alla cosca, il dottor Tripodi medico ginecologo in servizio presso gli ospedali «Riuniti», ma soprattutto nipote dell’avvocato Giorgio De Stefano, considerato eminenza grigia del clan.

Fonte: Il Giornale
23 Aprile 2016