Negli ultimi giorni la discussione sulla giustizia è stata infiammata dalle dichiarazioni del nuovo presidente dell’Associazione nazionale magistrati Piercamillo Davigo e dalle conseguenti reazioni della politica (divisa a metà tra contrari e favorevoli) e della magistratura (anche in questo caso una parte concorde e un’altra in disaccordo).
La settimana passata è stata quella delle grandi interviste ai magistrati, che sono intervenuti nel dibattito su temi molto sentiti e delicati, come la lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata, la riduzione dei tempi dei processi, i tempi della prescrizione, l’uso o l’abuso delle intercettazioni, lo scontro tra politica e magistratura.
Sul Fatto ne hanno parlato Davigo e altri due importanti magistrati come il procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato e il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti. Si tratta di persone competenti con molta esperienza, titolate a parlare dei problemi della giustizia e a proporre soluzioni, il problema è che nei loro interventi si sono lanciati in affermazioni non vere, proprio su temi di cui dovrebbero essere esperti.
Ha cominciato proprio Piercamillo Davigo quando, a Marco Travaglio che gli chiedeva di commentare l’invito del premier Matteo Renzi a “lavorare di più”, ha risposto che “mettere in relazione la durata dei processi con l’accusa ai giudici di essere dei fannulloni è un’offesa e una bugia.
Segnalo i dati della Commissione del Consiglio d’Europa sull’efficienza della giustizia: i giudici italiani, su 47 Stati membri, sono quelli che lavorano di più. Il doppio dei francesi e il quadruplo dei tedeschi”. Si può ribaltare su Davigo il giudizio espresso su Renzi: dire che per il Consiglio d’Europa i giudici italiani sono quelli che lavorano di più è “un’offesa e una bugia”.
Da diversi anni Davigo e l’Anm sostengono che secondo la Commissione europea per l’efficienza della giustizia (Cepej) i magistrati italiani sono i più produttivi del continente e sul Foglio abbiamo dimostrato che si tratta di un’affermazione falsa, perché proprio la Cepej nelle oltre 500 pagine del suo rapporto non fa mai un’affermazione del genere, segnalando piuttosto che la disomogeneità dei dati provenienti dai diversi paesi non consente di effettuare confronti, neppure fatti in casa artigianalmente.
Il procuratore Scarpinato invece, parlando della piaga della corruzione, ha affermato che costa “Sessanta o più miliardi di euro all’anno”, una cifra che solo pochi giorni prima era stata sparata dall’intervistatore e direttore del Fatto. Anche in questo caso si tratta di una cifra inventata.