La questione, in questa primavera prereferendaria, dilania un po’ tutti: “La comunità finanziaria, Londra, il Labour, la maggior parte della gente se si guarda ai sondaggi, sono tutti divisi sull’Europa”. Sebbene nel partito conservatore la faida in corso tra gli europragmatici di David Cameron e il capitano di ventura della Brexit Boris Johnson sia di quelle violente – “è una questione enorme e per questo siamo arrivati al referendum, ma il mio partito non è diviso” – per Goldsmith bisogna guardare al Labour e solo al Labour per vedere un partito sull’orlo della rottura.
“Il partito impazzito, diventato matto”, lo chiama nel breve discorso ai suoi sostenitori, e non ci sarebbe modo per Sadiq Khan di allontanarsi da questa verità: un voto per lui è un voto per il Labour di Jeremy Corbyn.
“Il Labour è in stato confusionale vero. Un numero molto sostanzioso di moderati del partito non lo riconosce più e ci sono ferite aperte sull’antisemitismo, con cui ora devono fare i conti. E’ diventato un vero problema, dall’alto in basso”. Fosse l’unico. “Il Labour non è mai stato così ostile alle imprese, il leader ne parla come del vero nemico e cita gli scioperi come arma finale”. Quasi quasi si accalora, Zac.
“Penso che il Labour sia conciato veramente male e che questa sia una prospettiva terrificante non solo per gli elettori ma anche per i membri del Labour”. E poi deve parlare con il governo, il sindaco di Londra. “Il mio rivale non è in grado di farlo, è troppo tribale”. Ma nelle ultime settimane l’argomento più contundente usato da Zac contro Sadiq è stato quello della presunta morbidezza di quest’ultimo nei confronti dell’estremismo islamico.