Tu chiamala se vuoi la sindrome dell’accerchiamento. Il consigliere laico del Csm Giuseppe Fanfani, area Pd, con una dura nota diramata ieri mattina alle agenzie di stampa sul caso degli arresti di Lodi ha messo nero su bianco, con un linguaggio neppure troppo felpato, quello che è diventato a tutti gli effetti il tema centrale di questa complicata fase della vita politica.
Fanfani non arriva a mettere a fuoco quello che ieri si è domandato il Foglio – ovvero fino a quando i pm resisteranno alla tentazione di sentirsi investiti di un mandato politico e fino a quando i pm più politicizzati resisteranno alla tentazione di mettere in moto contro il governo Renzi una letale campagna di delegittimazione – ma le sue parole rivelano che anche nel mondo democratico comincia a essere chiaro che la dialettica tra magistratura e politica inizia a prendere delle sembianze sempre meno simili a un semplice confronto tra istituzioni e sempre più simili a una battaglia tra corpi dello stato.
“In quarant’anni e più anni di attività di penalista – ha detto Fanfani – non ho mai visto incarcerare alcuno per un reato come la turbativa d’asta, soprattutto quando l’interesse dedotto è quello di una migliore gestione di una piscina comunale.
Non mi pare che fossero necessari provvedimenti di cautela, ma se proprio lo si riteneva bastavano provvedimenti interdittivi e non certo coercitivi. Il carcere mi pare del tutto fuor di luogo, frutto di una non equilibrata valutazione del caso e il provvedimento cautelare nei confronti del sindaco di Lodi, da quello che si apprende dalla stampa, mi pare ingiustificato e comunque eccessivo: forse figlio di un clima di tensione che non fa bene né alla giurisdizione né ai rapporti interistituzionali”.
La “tensione” di cui parla il consigliere laico del Csm è qualcosa che va ben al di là del singolo caso dell’arresto del sindaco di Lodi Simone Uggetti, successore dell’attuale vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini, e riguarda un mosaico più grande che forse non dimostra nulla ma dimostra senz’altro che la sindrome di accerchiamento esiste e non è detto che sia una sindrome del tutto esagerata.
Sono segnali, certo, segnali che possono apparire solo come semplici coincidenze, ovvio, ma a voler mettere insieme tutti i puntini non si può non notare che il disegno che viene fuori rappresenta un messaggio che arriva al presidente del Consiglio: occhio. Negli ultimi due anni i segnali, ovviamente del tutto casuali, ci mancherebbe, quelli che in gergo si chiamano “toccatine di polso”, sono arrivati a tutte le persone più vicine al presidente del Consiglio.
E’ successo tutto negli ultimi due anni. Toccatine di polso. L’indagine sul papà del presidente del Consiglio, Tiziano Renzi, con una richiesta di archiviazione formulata dai pm sette mesi fa e misteriosamente non ancora accolta dai giudici della procura di Genova.
La procura di Firenze che apre un fascicolo senza indagati per il caso della casa prestata da Carrai a Renzi. L’indagine sul papà di Maria Elena Boschi, sul caso Etruria.