Trump strega i repubblicani, ora l’America è lo spettacolo più eccitante del mondo. Ma dà un po’ i brividi

Con la vittoria di Trump nell’elettorato repubblicano, tramonta con le sue ambizioni opere e fallimenti l’America di Reagan e dei Bush. Se The Donald perderà contro Hillary, esito allo stato probabile, sarà lunga e tortuosa la via del recupero, l’azzeramento di una intera classe dirigente e di un partito che ha centosessant’anni di storia si delinea come una lugubre festa del risentimento e dello smarrimento.

E avremo il trionfo di una nuova coalizione politicamente corretta, la quasi certa perdita della maggioranza repubblicana al Congresso. Se il candidato outsider del Grand Old Party riuscisse a sfruttare al meglio le vulnerabilità della Clinton, nel corso di una campagna elettorale che in America conta, e decide, la scena diventa totalmente imprevedibile, non restano che pericolose scommesse.

O le istituzioni imbriglieranno nel sistema dei checks and balances la persona che incarna e porta a un inedito successo la demagogia della specie più bassa, l’improvvisazione e il cinismo antipolitico, oppure America e mondo balleranno la rumba in una bolla di frammentarietà e di ubriachezza.

In entrambi i casi, il conservatorismo americano, che è stato per quasi quarant’anni l’unico vero modo, in questo paese che apre i mercati e cerca un nuovo ordine mondiale dopo la sua vittoria nella guerra fredda, di essere rivoluzionario e liberale, uscirà dal radar del possibile politico, e alla fine sulle sue rovine sarà sparso il sale.

Che un presidente Trump illetterato e solitario riesca a fare di nuovo grande una nazione fondata sulla libertà e la mobilità sociale, creature del professionismo politico-costituzionale dei suoi fondatori, direi che è da escludere.

La riluttanza verso Hillary e l’eredità di Barack Obama si sentono. L’utopista Bernie Sanders, anche lui un outsider e un “socialista” di inedita forza di trascinamento, si è confermato una spina ficcata nel fianco della quasi certa candidata dei democratici, che ha la sua parte di impopolarità e parecchie difficoltà nel tentativo di ricostruire una maggioranza presidenziale persuasiva, dal centro politico alla sinistra liberal.