“A me mi hanno invitato dall’altra parte del mondo per andare a prendere il premio internazionale del cazzo di eroe dei nostri tempi”. Pino Maniaci, fino a ieri simbolo del giornalismo antimafia con la sua Telejato e adesso indagato per estorsione nei confronti di alcuni sindaci, l’aveva capito che c’era qualcosa che non andava con i premi giornalistici se a vincerli era lui.
Il “premio internazionale del cazzo” a cui si riferisce è quello assegnatogli dalla organizzazione non governativa francese Reporters sans frontières (Rsf), che l’aveva inserito tra i “100 eroi dell’informazione”, unico italiano insieme a un altro giornalista antimafia, Lirio Abbate.
Maniaci è in quella lista, insieme a Julian Assange, un simbolo dell’articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti umani, quello sulla libertà d’opinione. E quello della libertà d’espressione da noi è un problema molto sentito, perché nonostante le dozzine di quotidiani, telegiornali e talk-show politici a tutte le ore del giorno, l’Italia è un paese “senza libertà di stampa”.
E’ certamente capitato a tutti di sentirlo dire, magari da un esponente del Movimento 5 stelle, oppure da un giornalista impegnato e battagliero, come il direttore del Fatto quotidiano Marco Travaglio. In genere queste affermazioni sono supportate con i numeri presi dalla più famosa classifica sulla libertà di stampa nel mondo: quella realizzata da Reporter senza frontiere (Rsf), la stessa ong che ha premiato l’eroe Maniaci.
Se ne è riparlato di recente perché proprio nelle ultime settimane Rsf e Freedom House (l’altra ong che pubblica una celebre classifica sulla libertà di stampa) hanno pubblicato i loro report aggiornati al 2016. In quella di Rsf l’Italia ha di nuovo subìto un calo nel punteggio e ha perso quattro posizioni in classifica, scendendo al 77esimo posto nel mondo, dietro paesi come Moldavia, Burkina Faso, Nicaragua ed El Salvador.
Resta il fatto che senza le sue denunce, la Saguto sarebbe ancora al suo posto…..