L’antimafia con le stigmate di Bongiovanni, che parla con Gesù, alieni e pm

Difficili i tempi per i santini dell’antimafia. In principio c’era Massimo Ciancimino, figlio di Don Vito e testimone chiave delle procure di mezza Italia nei processi sulla “Trattativa stato-mafia”, portato in processione nei salotti televisivi da Marco Travaglio e Michele Santoro come una specie di Madonna pellegrina tanto da diventare, la definizione è dell’allora magistrato Antonio Ingroia, “un’icona dell’antimafia”.

Poi si è scoperto che Ciancimino collezionava patacche, i fatti non quadravano, gli accusati erano innocenti e il “signor Franco” non si trovava. Non se la passa bene Pino Maniaci, direttore di Telejato ed eroe antimafia, accusato dalla procura di Palermo di estorsione nei confronti di alcuni sindaci.

Anche qui, pare che i suoi due cani non siano stati impiccati per intimidazione ma per gelosia, non da un “picciotto” ma da un “cornuto”, il marito dell’amante. Probabilmente Maniaci uscirà pulito dalle accuse, anche grazie alla difesa dell’avvocato Antonio Ingroia, ma l’immagine di cavaliere senza macchia è irrimediabilmente rovinata.

Un’icona antimafia che gode di immutata credibilità è Giorgio Bongiovanni, direttore di Antimafia Duemila che, secondo un’altra definizione di Ingroia, è un po’ l’organo ufficioso della procura di Palermo.

In realtà, più che dell’antimafia, si può dire che Bongiovanni sia un’icona sacra, perché oltre che del pool di Palermo è un “organo ufficioso” del Padreterno, della Madonna e dell’extraterrestre Setun Shenar per conto di cui invia messaggi a noi terrestri. Bongiovanni, che è stigmatizzato (non nel senso che è stato messo da parte per i suoi deliri, ma nel senso che ha le stigmate), dice di aver visto Gesù Cristo che si è presentato a casa sua, mentre era sul divano, sotto forma di “raggio laser oro-smeraldo” emanando profumo “di rosa mista a gelsomino” per mangiare un pezzo di pane.