Se lo meritavano, parenti e amici delle vittime. Le lacrime e la disperazione, forse frettolosa ma comprensibile e umana, in seguito alla richiesta di annullamento delle condanne da parte del Procuratore Generale della Cassazione avevano colpito i cuori e fatto temere al peggio. L’Italia sembrava destinata ad aprire un altro capitolo, l’ennesimo, di malagiustizia e casi irrisolti.
Invece, poche ore dopo, è arrivata la sentenza della Cassazione sul rogo della Thyssen, uno di quei casi di morti bianche che ha fatto maggiormente breccia nell’opinione pubblica, per ovvi motivi.
In quel maledetto 7 dicembre 2007 le fiamme divampate all’interno dello stabilimento torinese hanno ucciso, in una maniera crudele, sette operai.
Muore subito Antonio Schiavone, alle 4 del mattino. Gli altri sei operai, ustionati in maniera irreparabile dall’olio bollente, moriranno nel giro di un mese. I loro nomi: Giuseppe Demasi, Angelo Laurino, Roberto Scola, Rosario Rodinò, Rocco Marzo e Bruno Santino.
Thyssen, giustizia è fatta
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