Oggi si fischietta e si fa finta di nulla ma bisogna ricordarseli quei mesi del 2011 e del 2012 quando uno schieramento possente ha soffiato forte nel palloncino della Trattativa per provare a far esplodere un sistema politico, per infangare Giorgio Napolitano e per portare alla sbarra del processo morale, attraverso un’inchiesta condotta da un pm che poi si sarebbe candidato alle elezioni, un’intera classe dirigente. “Napolitano – disse in quei giorni, sommerso dai fischi, l’ex giudice istruttore del pool di Giovanni Falcone, Giuseppe Di Lello Finuoli – è finito bersaglio di una compagnia di giro composta da professionisti dello spettacolo, del mondo editoriale e anche di magistrati che pensano di essere depositari ed eredi esclusivi di una tragica e nello stesso tempo esaltante stagione della vita della nostra Repubblica”. Oggi i commenti sul caso Mori finiscono a pagina 27 (tutto bene Marco?) e vengono trattati con sufficienza dai giornali che hanno ingrossato la pancia del moralismo.
Ma nella storia di Mori e nella storia della Trattativa ci sono tutti gli ingredienti chiave della gogna, del processo mediatico e delle inchieste che diventano un grande contenitore all’interno del quale, chi vuole, può mettere dentro di tutto: teoremi, indagati, impressioni, sensazioni, suggestioni, a volte, se capita, anche reati. Vedremo come andrà a finire il processo più grande ma il caso Mori, con il codazzo di magistrati e giornalisti al servizio della stessa che spacciano vociferazioni per sentenze definitive, è la punta di un iceberg che in molti accettano di vedere a fasi alterne e di cui ci accorgiamo solo quando un magistrato la spara grossa (Morosini, che incidentalmente prima di arrivare al Csm ha avuto un ruolo come giudice nel processo sulla Trattativa).
L’iceberg in questione coincide con l’orrore della gogna mediatica, con la giustizia utilizzata per fare con le armi delle procure quello che non riesce a fare la politica e con quel pezzo di paese, di destra e di sinistra, che si tuffa sui teoremi dei magistrati quando gli fanno comodo ma senza capire, come direbbe il vecchio saggio, che la somma di mezzo indizio più mezzo indizio non fa uno ma fa zero. L’Italia della Trattativa sta perdendo pezzi, e ne siamo lieti, però l’Italia che ha fatto del modello della Trattativa un esempio giusto per governare l’Italia non si ferma a Ingroia ma arriva fino ai nostri giorni.
E’ l’Italia dello sputazzo, del mascariamento, del fango, della gogna, dell’abuso del carcere preventivo, l’Italia detestata da Pannella e oggi incarnata magnificamente dal compagno Beppe Grillo. E per capire che quell’Italia esiste forse sarebbe il caso di impararlo una volta per tutte senza aspettare il prossimo iceberg e il prossimo mascariamento a mezzo stampa.
Roma, 22 maggio 2016
fonte IlFoglio