“Così entrai nella testa di Provenzano”. Il diario del generale Mario Mori

E’ morto Bernardo Provenzano e molti ora ne descriveranno la figura, a corredo di un coccodrillo sicuramente già pronto per le sue critiche condizioni fisiche note da tempo. Farlo da parte di chi, come uomo delle Istituzioni, è stato accusato di averne favorito la latitanza e tutt’ora subisce un procedimento in correità per avere trattato contro le Istituzioni, il processo alla così detta trattativa, può apparire strano se non addirittura sconveniente.

Ma io non parlerò del criminale mafioso perché non mi compete e ci saranno tanti altri a farlo, magari anche esagerando fino all’inutile dileggio, secondo il costume diffuso tra coloro, e non sono pochi, che riescono a essere inesorabili soprattutto quando l’obiettivo è rappresentato da chi ormai non può più nuocere.

Il mio ricordo di Provenzano è la ricostruzione della personalità ideale di un uomo mai visto, nemmeno dopo la sua cattura avvenuta nell’aprile del 2006. Nell’attività investigativa, quando ci si confronta con individui o vicende che esulano dalla norma sino a diventare veri e propri rebus professionali, si tenta sempre di definire il quadro delle ricerche studiando non solo la storia e le modalità operative dell’organizzazione da combattere, ma soprattutto si cerca di comprendere le motivazioni e i comportamenti degli uomini che la rappresentano e la dirigono.