Cosa c’entra la giostra di potere delle partecipate con la crisi dei 5 stelle a Roma

Trascorrono 24 ore e l’occasione per la pedatona dell’Albertone nazionale arriva con l’adozione in giunta della delibera numero 14, seduta del 5 agosto. Titolo: “Instaurazione di un rapporto di lavoro a tempo determinato con il Cons. Carla Romana Raineri, per lo svolgimento dell’incarico di ‘Capo di Gabinetto’ dell’On.le Sindaca, Virginia Raggi”. L’onorevole sindaca concede “un compenso annuo lordo complessivo pari ad Euro 193.000,00, incrementato da una indennità ad personam, in considerazione della particolare complessità, rilevanza e gravosità delle mansioni da svolgere che presuppongono speciali competenze tecnico-giuridiche, profonda conoscenza delle normative di riferimento, notevole esperienza ed indiscussa professionalità, in relazione, nonché, all’impegno connesso all’incarico da svolgere come Capo di Gabinetto ed in considerazione della permanenza fuori ruolo e senza assegni”. Di nuovo: ma che davero? La Raggi in un colpo solo assume per chiamata diretta un tecnico, esterno al giro dei grillini, e fa secco l’aspirante al posto, quel Raffaele Marra già alemanniano, fu polveriniano e via cambiando fino alla versione riverniciata del pentastellato de destra. Virgi va in testacoda, Minenna rafforza il suo potere dentro la giunta, è il super assessore con poteri illimitati sul portafoglio e via Raineri ha la sua longa manus dentro il gabinetto del sindaco che redige e controlla gli atti finali dell’amministrazione. La ribellione è in corso, il direttorio non sa che fare, l’ala romana è out, Grillo è sullo yacht, Dibba è in motorino e Di Maio lascia fare perché aspira a Palazzo Chigi e non vuol pestare i piedi a nessuno, meglio andare in sartoria, se qualcuno dovrà farsi male, quel qualcuno sarà Virgi.

La base 5stelle è idrofoba per il compenso, i giornali ci inzuppano il biscotto, la sindaca sul ring è in bambola (termine preso dal gergo della boxe, per esser chiari). Nel frattempo Minenna fa i suoi piani, ha in mano il conto del comune, sa che deve farli quadrare e la situazione è tutt’altro che allegra. Dal 5 al 9 agosto la giunta Raggi sforna delibere a raffica per nominare questo e quello nei vari assessorati, è la classica infornata dei necessari sottopanza, niente di nuovo, i grillini incassano il dividendo politico, si preparano a governare. Ma chi comanda? Momenti di epico grillismo: l’11 agosto la giunta approva il progetto del Grab, il Grande Raccordo Anulare delle Biciclette. E vai, la giunta Raggi è su due ruote, ma il giorno dopo, il 12 agosto, si torna a ballare sui soldi, la ciccia vera, e la giunta approva una variazione del bilancio di previsione, dentro ci sono un po’ di pagliuzze contabili da sistemare e una grossa trave: un contributo all’Atac da 18 milioni per interventi di manutenzione straordinaria della linea A della metropolitana. Sono soldi ben spesi, ma vincolati a un monitoraggio e controllo che di fatto ledono l’autonomia del direttore generale dell’Atac. Rettighieri non risponde alla politica, ma alle regole del manager che vuole spezzare il nodo intricato tra il comune e i sindacati. Il regista dell’operazione è ancora Minenna che entra subito in rotta di collisione con Rettighieri sulla disponibilità del prestito. Sull’altro lato dell’amministrazione, in zona Raggi, succede l’incredibile: il dg riceve una richiesta di spostamento di personale dipendente da parte dell’assessorato ai Trasporti della capitale. Non siamo più alla partecipazione, ma alla gestione diretta da parte della politica. Rettighieri accusa di ingerenza, l’assessorato risponde che vuole “essere messo al corrente di eventuali spostamenti nell’organigramma aziendale”. Se non è zuppa, è pan bagnato. Le partecipate sono il campo di battaglia delle fazioni che si fronteggiano in giunta, Minenna concentra potere e non molla sulle sue idee di riassetto del Gruppo di aziende, Raggi & co. sono sensibili ai richiami dei sindacati, in campagna elettorale hanno lisciato il pelo ai dipendenti e assicurato gattopardescamente che tutto cambierà perché nulla in realtà cambi. In Campidoglio c’è aria di freni surriscaldati, l’autoscontro è vicino.