“Non possiamo chiudere l’orecchio al grido di dolore di questi fratelli e sorelle nostri che soffrono per la guerra. Noi la guerra non la vediamo. Ci spaventiamo per qualche atto di terrorismo, ma questo non ha niente a che fare con quello che succede in quei Paesi, in quelle terre dove giorno e notte le bombe cadono e cadono e uccidono bambini, anziani, uomini, donne…”
D’accordo, era la giornata della Pace e Papa Francesco ad Assisi doveva pur dire qualcosa. Qualcosa sulla pace. L’amaro destino dei Pontefici, peraltro condiviso con altre personalità meno religiose ma altrettanto istituzionali, è quello di dover intervenire su tutto, dispensando aforismi su ogni argomento più o meno d’attualità. Non esisterebbe il verbo “pontificare”, se così non fosse.
E spesso si è costretti a dire banalità, sempre le stesse frasi.
Papa Bergoglio, però, parlando della pace potrebbe non essere stato banale, ma addirittura inquietante. Perché, se è vero che ha detto che la guerra è colpa della violenza, si è anche spinto oltre, lanciandosi in una sorte di invettiva contro l’occidente, intrisa dei soliti luoghi comuni terzomondisti e superficiali.
“Noi la guerra non la vediamo” ha detto Francesco, stigmatizzando l’egoismo europeo di chi “si spaventa per qualche atto di terrorismo” che “non ha niente a che fare” con quello che succede in quelle terre dove vengono uccisi “uomini, donne e bambini”.
Il solito terzomondismo di Papa Bergoglio
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